TRENI SENZA DIREZIONE SU RAIDUE

La prima impressione che si ha guardando Andata e ritorno (dal lunedì al venerdì su Raidue, ore 18,50) è che si tratti di una sitcom «sterilizzata»: troppo belli e puliti i treni a disposizione dei pendolari protagonisti di questa nuova striscia quotidiana, assai didascalica, l'ironia che fa da traccia a dialoghi che vogliono a tutti i costi inseguire l'attualità in tempo quasi reale (con riferimenti ad esempio al malore di Berlusconi nella prima puntata e al pallone d'oro appena consegnato a Cannavaro nella seconda) ma che per il momento non brillano di luce propria. Gli stessi personaggi (tra i quali un insegnante, un dirigente, una studentessa, un agente immobiliare, un bancario) sembrano costruiti a tavolino in modo standardizzato e appaiono al momento un po' prevedibili. C'è ancora tempo per veder crescere questa sitcom, se sarà in grado di farci affezionare ai suoi protagonisti e a produrre nel pubblico quella necessaria identificazione che non è però favorita dalla sterilizzazione cui si faceva cenno. Rimane buono lo spunto di partenza: il pendolarismo è una potenziale fonte di osservazione di disparate tipologie umane e altrettanti comportamenti, e gli scompartimenti dei treni sono da sempre un territorio fertile per cogliere umori popolari, modi di esprimersi e per tastare il cosiddetto «polso della gente» senza disdegnare le componenti umoristiche. È su un treno, vale la pena ricordarlo, che sono stati ambientati alcuni degli sketch più divertenti e immortali della storia dello spettacolo leggero, come il famoso Sarchiapone di Walter Chiari e gli irresistibili qui pro quo tra Totò e l'onorevole Trombetta (le cui valigie finiscono per volare fuori dal finestrino). Ce ne sarebbe di materiale da pescare sul «set» di un treno, sia sotto l'aspetto antropologico che più strettamente comico, ed è per questo che si rimane un po' delusi dallo scarto fra le possibilità creative in mano alla sceneggiatura e la resa effettiva prodotta dai dialoghi e dalle situazioni. Si ha la sensazione che gli autori siano rimasti fermi a un bivio, titubanti se prendere la strada della comicità (che avrebbe richiesto una sterzata decisa sul piano della creatività umoristica) o se limitarsi al bozzetto ambientale, alla pedissequa registrazione di dialoghi da scompartimento venati appena di un po' di ironia.

Senza infamia né lode gli interpreti, tutti un po' ingessati in parti cucite con tessuti stretti: Michele Bottini, Cinzia Molena, Nadia Carminati, Francesco Foti, Marco Di Francisca, Elisa Lepore. A tratti verrebbe voglia di salire sul treno, tirare il freno d'emergenza, far ruzzolare i protagonisti e vederli riprendere la recita a carte mischiate dopo un sano scossone, giusto per sparigliare il tran tran.

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