Trent’anni in due e 50 rapine Presi a Napoli baby malviventi

Sono stati arrestati dopo un inseguimento: hanno 13 e 17 anni. Avevano rubato cellulari, borse e portafogli in tutta l’area vesuviana

Carmine Spadafora

da Portici (Napoli)

Trent'anni in due, cinquanta rapine, forse anche di più, in un mese e mezzo, nell'area vesuviana. I loro raid criminali si sono interrotti al termine di un lungo e spericolato inseguimento con la polizia. Prima o poi, per la legge dei grandi numeri, doveva capitare che qualcuno li prendesse questi due baby rapinatori, diciassette e tredici anni di età, che hanno beffato carabinieri e polizia, mandato all'ospedale decine di uomini e donne, rapinato cellulari, borse, portafogli, minacciando le loro vittime con coltellini e cacciavite.
Una pattuglia di agenti, finalmente, è riuscita a intervenire mentre, probabilmente, i due giovanissimi malviventi erano in «perlustrazione» nelle strade del centro di Portici, a caccia della vittima da rapinare. Indosso, il maggiore dei due baby malviventi, aveva un cacciavite.
I due giovanissimi, dopo l'arresto, hanno percorso «strade» diverse: il tredicenne è stato riaffidato ai genitori in quanto minore non imputabile per la legge, il «collega» diciassettenne è stato rinchiuso nel Centro di prima accoglienza dei Colli Aminei. È trapelato ben poco sul conto del maggiore dei due baby rapinatori. Si sa che è un tossicodipendente, già arrestato lo scorso anno con l'accusa di avere compiuto tre rapine e un'estorsione. I giudici per i minori lo affidarono a una comunità in Puglia, dalla quale però evase alcune volte. Per queste sue fughe, il baby criminale aveva subito un aggravamento della pena di un mese ma, a metà dello scorso mese di aprile, il Tribunale di sorveglianza, gli aveva comminato la misura alternativa: un lavoro da idraulico, poi la sera ritorno a casa, in famiglia. Ma, secondo gli inquirenti, il diciassettenne, una volta tornato libero, avrebbe ripreso il suo vero «lavoro»: scippi e rapine, armato di coltellino e cacciavite.
Dopo l’arresto della giovanissima coppia di malviventi, adesso, pare che, nel «triangolo» San Giorgio a Cremano-Portici-San Sebastiano al Vesuvio, si viva meglio, cioè, senza l'incubo delle rapine non stop. Il condizionale è d'obbligo, in quanto, è risaputo che, a Napoli, la maggior parte dei crimini, non viene denunciato dalle vittime. Per «costringere» l'anziana «scippata» o lo studente rapinato davanti a scuola, a recarsi in commissariato o in caserma, per denunciare l'accaduto, deve verificarsi la condizione che nella borsetta o nel portafogli, vi fossero i documenti di identità.
Esasperato dalla criminalità che flagellava (e flagella tuttora la sua città) il sindaco di San Sebastiano al Vesuvio, Silvio Carpio, tempo fa, aveva lanciato la sua proposta: «Porto d'armi per ogni padre di famiglia». Niente di originale, già sentito, ma la «deflagrazione» fu fortissima lo stesso perché non proveniva da un uomo di destra ma, addirittura da un diessino.

E risuonano ancora le parole del questore Oscar Fioriolli che, nelle scorse settimane aveva proposto e, non perde occasione per ribadirlo ogni volta che se ne presenta l’occasione, di equiparare penalmente «i minori di anni quattordici agli adulti».

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