Da Trevignano all’Antartide, un’estate vissuta a -53 gradi

Alla sede dell’Enea presentati i risultati della spedizione italiana

Laura Gigliotti

Dapprima il collegamento da Dome C, nome geografico della stazione italo-francese Concordia in Antartide, è solo in voce. «È già qualcosa» risponde Michele Impara, responsabile dell’informatica e le comunicazioni. Poi dopo un po’ di apprensione per via della posizione al limite della copertura satellitare, appaiono anche i volti dei compagni di Michele: Omar Cerri, Eliseo D’Eramo e Lucia Agnoletto di Trevignano che per la serenità di mamma e papà seduti in sala dice scherzando «Questa notte la passeremo fuori».
Dieci persone in tutto, di cui 4 francesi, impegnate nella base situata nel punto più alto di tutta l’Antartide (3200 metri di altitudine, a 1300 chilometri dalle basi sulla costa), dove è già cominciata la lunga notte antartica e fuori il termometro segna -53°. Per evitare il congelamento quando escono, sempre in due e collegati con la base, dei tubicini all’interno della giacca permettono di respirare aria pre-riscaldata. Loro gli eroi della giornata alla presentazione presso la sede dell’Enea dei risultati della XXI spedizione italiana in Antartide.
Sono i giovani impegnati nella ricerca di squadra nel continente di pinguini e degli iceberg, enorme e irraggiungibile per molti mesi all’anno, dalla natura incontaminata e tutti gli ingredienti dell'avventura, da Cook in poi. Ma non più sconosciuto dopo le esplorazioni del XIX e XX secolo, con relative rivendicazioni nazionali, soprattutto per l’interessamento della comunità scientifica che ha fatto di questo lembo di terra una specie di crocevia della ricerca internazionale. Un luogo ideale, un posto unico al mondo, privo com’è d’inquinamento, per migliorare la comprensione dell’evoluzione del pianeta, i problemi collegati alle variazioni climatiche, la biodiversità e l’adattamento. Lavorare in un ambiente estremo consente di fare scoperte e provare materiali che potrebbero trovare applicazioni nelle nostre latitudini. I pesci che vivono in acque gelide hanno nel sangue una sorta di antigelo che impedisce il congelamento dei liquidi, cosa che potrebbe avere ricadute in campo medico. Il programma nazionale di ricerche in Antartide ha avuto inizio nell’85 anche se già nell’81 l’Italia aveva aderito al Trattato Antartico, ricorda il «patron» delle ricerche in Antartide, presidente della commissione scientifica, Carlo Alberto Ricci, facendo il punto della situazione. Due stazioni di ricerca permanenti, la prima intitolata a Mario Zucchelli a Baia Terra Nova sulla costa, una mini città autosufficiente che poggia su una scogliera di granito e l’altra Concordia, più recente all’interno, realizzata in cooperazione con la Francia a Dome C, considerato il sito privilegiato per gli studi di astronomia e astrofisica. «Il migliore del mondo per le turbolenze». Si aggiungono navi oceanografiche e campi remoti.

Ventuno le spedizioni effettuate, una ancora in corso, 110 i progetti scientifici multidisciplinari in atto, 350 le unità operative per un totale di 1800 ricercatori. Universitari, del Cnr, dell’Enea e di altri enti. Un fiore all’occhiello della ricerca, ma piuttosto costoso. In media 25 milioni a spedizione. Per questo occorrono programmazione e risorse adeguate.

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