Trichet mette i tassi nel congelatore

La Bce elimina il riferimento a una politica accomodante

da Milano

Jean-Claude Trichet prende tempo, lasciando invariato al 4% il livello del costo del denaro, ma tiene ancora in canna un aumento dei tassi. Prospettiva gradita quanto una cambiale in scadenza per alcuni governi di Eurolandia - Francia in testa - alle prese con l’insostenibile pesantezza della moneta unica, stabilmente al di sopra di quota 1,40 dollari. Anche se i margini per una stretta entro la fine dell’anno sembrano ormai piuttosto ridotti, se non del tutto inesistenti.
Durante la conferenza stampa che ieri ha seguito il direttivo, svoltosi a Vienna per una delle due trasferte annuali dell’istituto il presidente della Bce ha spiegato come debbano essere fronteggiate due forze contrapposte: da un lato, l’inflazione continua a spingere verso l’alto e si manterrà «ben al di sopra» della soglia limite del 2% nella parte terminale del 2007, con «rischi per la stabilità dei prezzi orientati al rialzo» anche a causa degli effetti sfavorevoli generati dai rincari petroliferi (il barile viaggia attorno agli 80 dollari); dall’altro, pur se la crescita economica resta vicino al suo potenziale, «le incertezze che circondano queste prospettive sostanzialmente favorevoli sono aumentate» in seguito alla volatilità dei mercati e del riapprezzamento del rischio in corso.
Insomma, a un mese di distanza dalla precedente riunione in cui Trichet era stato costretto a vestire i panni inusuali del temporeggiatore viste le forti turbolenze sui mercati finanziari provocate dalla crisi del settore dei mutui subprime prima e del credito poi, la situazione non è cambiata. Ieri come allora, il banchiere francese ha bisogno di «più dati e informazioni» prima di decidere cambiamenti nella struttura dei tassi. Peraltro, il mancato riferimento nel comunicato finale di ieri a una politica monetaria giudicata «accomodante» (formula che nell’ultimo biennio segnalava un orientamento restrittivo), era stato inizialmente interpretato come un cambio di registro per un eventuale alleggerimento del costo del denaro. Trichet, tuttavia, ha subito gelato ogni aspettativa: «Che la nostra politica sia accomodante o meno, possiamo comunque aumentare i tassi di interesse se emergono rischi per la stabilità dei prezzi. Il nostro unico impegno è questo e anche che dobbiamo essere assolutamente credibili nel farlo».
È comunque fuor di dubbio che la forte rivalutazione dell’euro, spintosi nei giorni scorsi a un soffio da 1,43 dollari, ha complicato i piani della Bce, finendo di fatto per legare le mani a Trichet. Un giro di vite ai tassi sarebbe stato ora alquanto discutibile sotto il profilo economico, ma senz’altro sbagliato, ai limiti della provocazione, da un punto di vista politico nel momento in cui tra gli Stati di Eurolandia va coagulandosi una posizione comune di condanna della volatilità dei cambi, da usare come arma di pressione nel prossimo G7. Dopo aver invitato tutti «a una maggiore disciplina verbale» sulla questione valutaria, il presidente dell’Eurotower ha comunque confermato che il tasso di cambio è uno dei parametri di cui «teniamo conto» quando si tratta di prendere decisioni di politica monetaria.


Anche il super euro, dunque, ha imposto alla Bce il wait and see, quanto la crisi del credito. Una crisi da cui, secondo Trichet, «tutti i comparti del sistema dovranno trarre lezione» e che dovrebbe portare a una revisione di hedge fund, società di private equity, agenzie di rating e autorità di vigilanza.

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