Troppe spese, gli Usa non vogliono più curare i terremotati di Haiti

La solidarietà, certo. Il cuore in mano, come no. L’altruismo, si capisce; anzi, mancherebbe. Ma quando si tocca l’argomento denaro, profitto, conquibus, anche gli americani si trasformano. Cioè: tornano a essere se stessi. È bastato che il governatore della Florida si chiedesse chi avrebbe pagato, alla fine, le spese sanitarie dei terremotati di Haiti trasportati negli ospedali americani perché la nobile gara in cui fin qui si era distinta l’aviazione a stelle e strisce si bloccasse all’istante, facendo calare sulle operazioni una coltre di gelo. The day after tomorrow, insomma; proprio come nel film.
La decisione di sospendere i voli umanitari è venuta, scrive il New York Times, dopo che il governatore della Florida, Charlie Crist, ha chiesto al governo federale di farsi carico di parte dei costi delle degenze. Come dare torto, del resto, al governatore? Si fosse trattato di qualche decina, magari anche di un centinaio o di un paio di centinaia di feriti: ma sì, la Florida avrebbe potuto fare da sola. Qui però siamo già a quota 500. E stando ai medici delle organizzazioni umanitarie presenti ad Haiti, il numero dei feriti che hanno bisogno di cure immediate, e di ospedali attrezzati, pena la morte sicura, non accenna a ridursi.
Bene, la risposta alla domanda di Charlie Crist non si è fatta attendere. Un silenzio duro, verticale, implacabile. Il silenzio di chi non vuol sentire. Di qui il congelamento delle operazioni. Ma chi è stato a dare l’ordine di sospendere il ponte aereo umanitario? Il New York Times (e sì che non gli mancano dei bravi cronisti) dice di non essere riuscito ad accertarlo. Nel senso che lo scaricabarile (tra Forze armate, ospedali e politici) è stato non meno imponente e spettacolare del ponte aereo Usaf spezzatosi mercoledì scorso. L’unico a mettere fuori il capino e dire due parole è stato il portavoce del governatore (un repubblicano che essendo in corsa per le primarie di partito in vista delle elezioni di metà mandato ha gettato il sasso e ora nasconde prudentemente la mano). Ha ammesso dunque il portavoce, Sterling Ivey, che in effetti la richiesta di Crist «può avere creato confusione». Aggiungendo subito dopo: «La Florida è in prima fila nell’assistenza dei nostri vicini di Haiti, ma abbiamo bisogno di un piano d’azione e di rimborso per l’assistenza».
Non che fossero mancate le avvisaglie. Nei giorni scorsi, giusto per mettere le mani avanti, il governatore aveva scritto una letterina al ministro della Sanità Kathleen Sebelius in cui chiedeva «aiuto per gli aiuti», in nome e per conto degli ospedali della Florida. «Abbiamo appreso recentemente che è previsto l’invio (in Florida) dai 30 ai 50 pazienti al giorno per un periodo di tempo indefinito. La Florida non ha la capacità di sostenere un’operazione di questo tipo».
Oggi intanto, annuncia il ministro della Difesa La Russa, arriva ad Haiti la portaerei Cavour, dopo una tappa in Brasile per imbarcare una équipe medica e due unità elicotteristiche. «La nave non attraccherà perché non ci sono infrastrutture adatte per accoglierla e, in generale, manca qualsiasi tipo di banchina - ha spiegato La Russa -. Per questo abbiamo scelto la Cavour, perché potrà usare gli elicotteri per trasportare i feriti e il materiale a terra più facilmente rispetto all’uso di piccole imbarcazioni».

Inoltre, la portaerei italiana «diventerà un ospedale avanzatissimo a disposizione dei feriti, oltre all’ospedale da campo già partito via aereo subito dopo il sisma». Ecco, se si tirano indietro gli Stati Uniti, facciamo un passo avanti noi.

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