I Festival offrono agli spettatori forti dosi di disgrazie, perché sceneggiatori, registi e attori hanno constatato che porta premi. Se fossero contemporanei, Chaplin e Lubitsch, Preston Sturges e Billy Wilder, capaci di far ridere dicendo cose tristi, avrebbero problemi a vincere qualcosa.
Cannes questanno ha rinviato il filone-disgrazie nella seconda settimana, ma ciò ha solo reso più rude il cumulo di sventure sugli schermi ieri.
Su tutti, brilla Babel di Alejandro González Iñárritu, rifacimento su scala mondiale dun altro film da Festival, ambientato negli Stati Uniti, 21 grammi (coppa Volpi per Sean Penn alla Mostra di Venezia 2003), anche quello di Alejandro González Iñárritu. Si noti che Babel è scritto da Guillermo Arriaga, lanno scorso premiato a Cannes per la sceneggiatura di Tre sepolture di e con Tommy Lee Jones, anche quello notevole nel filone. Con un simile cursus honorum, si poteva dire no a Babel, interpretato per giunta da Brad Pitt, Cate Blanchett, Gael Garcìa Bernal e distribuito dalla Paramount? Non si poteva.
Perfetto sulla carta, imperfetto sullo schermo, Babel vede Pitt e la Blanchett interpreti di uno dei tre episodi che si intersecano: quello della coppia americana in crisi, che ha perso un neonato per soffocamento e che va in vacanza in Marocco per dimenticare. Ma cè lemulo locale dei lanciatori di sassi dai cavalcavia delle autostrade italiane: è un ragazzino arabo che, sparando a un torpedone, centra la Blanchett.
Questa prima disavventura annuncia le altre. Innanzitutto con quella degli sparatori, scambiati per terroristi, anziché per idioti, e trattati di conseguenza. Mentre la Blanchett si dissangua e Pitt si dispera, i loro due figlioletti vengono portati in Messico da unaffezionata ma scriteriata bambinaia messicana (Adriana Barraza), diretta a una festa di nozze in Messico, incurante dessere unimmigrata cladestina negli Stati Uniti e di poter essere fermata al confine. Come accade.
Ed ecco il terzo dramma, quello di chi ha indirettamente armato lidiota marocchino. Non è un emissario di Bin Laden, ma un ricco giapponese (Koji Yakusho), sospettato davere ucciso la moglie, che vive con la figlia sordomuta, edipica (Rinko Kikuchi) e forse vera assassina della madre...
Avulso dal resto, lepisodio giapponese sembra messo nel film solo per venderlo su quel mercato. Durante la proiezione per la stampa, perfino loperatore deve averne sentito linutilità, tantè vero che, dopo due delle due ore e mezza di lutti, ha rimontato la bobina precedente.
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