Roma - Un taglio al costo degli straordinari. Da realizzare con una diminuzione dei contributi previdenziali, come chiede Confindustria, oppure, più verosimilmente, attraverso una detassazione delle ore di lavoro extra. La proposta è di quelle di lungo corso, sponsorizzata dalle aziende, messa nero su bianco dal centrodestra (Forza Italia l’ha inserita nel pacchetto di norme a completamento della Legge Biagi) e non sgradita nemmeno ai sindacati. Il governo di centrosinistra ha deciso di farla propria inserendola tra gli argomenti da portare ai tavoli con le parti sociali, ma l’approdo non è scontato, visto che la sinistra radicale ha subito bocciato l’idea.
«Bisogna aumentare il potere d’acquisto delle retribuzioni», iniziando con lo «stimolare l’intervento sugli straordinari e incentivando il salario di produttività a livello di azienda», ha spiegato Cesare Damiano sottolineando come un fisco soft sugli straordinari serva anche a far emergere del lavoro nero.
Oggi sono gli stessi dipendenti che chiedono di essere pagati in nero per evitare di vedersi applicata in busta paga un’aliquota più alta. Lo stesso tipo di valutazione aveva portato pochi giorni fa Forza Italia a presentare un disegno di legge che prevede la detassazione degli straordinari. Tanto che l’azzurro Maurizio Sacconi ieri ha parlato di «un’apertura» da parte del ministro. La detassazione è necessaria, ha spiegato Sacconi, perché significa «sottrarre alla progressività, ovvero a quel cumulo che determina aliquote maggiori, tutte le parti variabili del salario che si collegano alla flessibilità e alla produttività del lavoro». Nel pacchetto presentato da Forza Italia (cinque disegni di legge ispirati al lavoro di Marco Biagi) la detassazione del lavoro extra è secca e separata, con un’aliquota unica dell’11,5 per cento. E lo stesso trattamento di favore è previsto anche per premi e donazioni ai lavoratori.
I dettagli della proposta governativa non sono ancora noti anche perché - facevano notare ieri fonti ministeriali - la detassazione sarà oggetto di trattativa con le parti sociali. E finirà con gli altri argomenti sui quali l’esecutivo si sta misurando con sindacati e imprese. Come la previdenza che - ha assicurato ieri Damiano - è il primo tema in agenda visto che al superamento dello «scalone» della riforma Maroni sarà destinata la fetta più consistente del «tesoretto» da 2,5 miliardi di euro. Il resto dell’extragettito andrà alla riforma degli ammortizzatori e alla produttività.
Ma il percorso del nuovo regime degli straordinari si è subito rivelato accidentato e rischia di rendere difficile l’obiettivo annunciato ieri da Damiano di raggiungere un accordo entro giugno.
E, anche questa volta, l’opposizione è stata tutta politica e interna alla maggioranza. Il ministro della Solidarietà Paolo Ferrero è tornato a incrociare le armi con il collega Ds, sostenendo che «è sbagliato detassare gli straordinari». La proposta adottata da Damiano, ha ricordato l’esponente di Rifondazione comunista, è «avanzata da Confindustria» e «non serve ad affrontare la vera questione» e cioè l’aumento «degli stipendi e delle pensioni più basse». In altre parole Ferrero non vuole che gli aumenti siano legati alla produttività.
Il Prc, quindi torna a giocare sullo stesso terreno delle parti sociali. E diventa un pericoloso concorrente dei sindacati che ieri non hanno chiuso alla proposta, anche se preferirebbero incentivare la contrattazione di secondo livello. Il segretario confederale della Cisl Giorgio Santini si è detto favorevole a rendere meno onerosi gli straordinari a patto che questa misura rientri nella contrattazione territoriale e aziendale. Per la Uil, Paolo Pirani ha ribadito che a essere detassati dovrebbero essere gli aumenti, sia quelli previsti dal contratto nazionale sia quelli del secondo livello, mentre Renata Polverini dell’Ugl mette le mani avanti e liquida quella degli straordinari come «una delle proposte» in campo.
Confindustria ha accolto positivamente le parole di Damiano.
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