Ne prendiamo troppi, anche quando non serve E così gli antibiotici si sono trasformati in un boomerang «sociale». Assumendoli a sproposito e inutilmente, abbiamo «allenato» i batteri a resistere a ogni attacco. Le prospettive non sono incoraggianti. Uno studio inglese, commissionato dal premier David Cameron, dimostra che entro il 2050 ci potrebbero essere 10 milioni di morti all'anno al mondo per colpa dell'antibiotico resistenza. Più di quelli causati oggi dal cancro. Uno scenario apocalittico che, per fortuna, siamo ancora in tempo a scongiurare.
L'Italia tuttavia è il terzo paese con la più alta percentuale di antibiotico-resistenza (33-34% nel 2014, raddoppiata dal 2005 quando era al 16-17%). Peggio di noi solo Paesi come la Grecia e la Turchia. Le infezioni maturate in ospedale, magari dopo un intervento chirurgico, colpiscono ogni anno 284mila pazienti ((dal 7% al 10% dei pazienti ricoverati) causando oltre 4.500 decessi. Se gli antibiotici dovessero perdere di efficacia, i numeri non miglioreranno di sicuro.
L'allarme approda anche alla Camera, dove è appena stata approvata una mozione proposta dai Cinque Stelle. Il provvedimento chiede la promozione di un test di sensibilità agli antibiotici per garantire prescrizioni mediche appropriate. Perché, va detto, non sempre lo sono, tanto che i pazienti devono spesso ricorrere al secondo giro di antibiotici, di una classe differente, anche per combattere delle semplici placche in gola. E poi c'è chi fa da sé, interrompe la cura a metà confezione o si dimentica di prendere le pastiglie. La legge di Stabilità del 2015 aveva previsto l'introduzione della dose unica del farmaco ma la norma non è mai stata applicata.
La strada da fare per evitare il rischio dell'«apocalisse 2050» è parecchia. Soprattutto se si considera che, come dimostra un report dell'Organizzazione mondiale della sanità, il 64% della popolazione è ancora convinto che gli antibiotici servano a combattere i virus, le influenze e i raffreddori. «Si fanno ancora parecchi errori nella somministrazione dell'antibiotico - conferma Francesco Dentali, professore associato di Medicina interna all'università dell'Insubria - Ad esempio non va bene per combattere bronchiti di origine virale e, in certi casi, nemmeno per le infezioni alle vie urinarie.
Un altro errore comune riguarda la durata: la cura non va prolungata troppo ma nemmeno interrotta prima del tempo. Spesso i dentisti prescrivono antibiotici ad ampio spettro quando invece potrebbero sceglierne di più mirati. Noi in ospedale usiamo quelli ad ampio spettro solo in attesa delle colture».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.