Troppi cannibali, l’Europa si annoia

Una sola sconfitta a testa per gli invincibili. Mourinho batte pure Capello

Troppi cannibali, l’Europa si annoia

Riccardo Signori

Adesso l’aspetta quota 100. Punti ovviamente. Un modo come un altro per rendere meno noioso il campionato. Sennò cos’altro chiedere alla Juve? Qualcuno crede ancora alla favoletta che una squadra così possa perdere lo scudetto, avendo alle spalle avversarie tanto imprevedibili (nel male)? Ieri Luciano Moggi ha adottato gli scongiuri del caso. Senza lasciarsi prendere dalla golosità. «Se sfondiamo quota 100 entriamo nella storia. Questo traguardo non è un sogno. È una favola». Meglio annacquare e restare in stile con il futuro del campionato che racconterà solo favole, perché la realtà è un’altra cosa. Ma così va in tutta Europa. Quasi che la tendenza fosse calcisticamente bulgara: grigiore fino all’insopportabile. Peggio: un invito a spegnere la tv. Par quasi che i grandi campionati del calcio d’Europa stiano remando contro l’avanzata televisiva. Da una parte classifiche con distacchi abissali, dall’altra l’interesse ad avere incontri e tornei sempre avvincenti.
Domina il refrain dell’una su tutte. Il resoconto di cinque grandi tornei (Italia, Spagna, Inghilterra, Francia e Germania) dice che quest’anno le squadre capoclassifica rasentano il mito dell’imbattibilità avendo perso un incontro solo e che negli ultimi dieci anni, Chelsea a parte, sono morbosamente attaccate agli scudetti, avendone vinti sempre più degli altri. Discorso che porta al bello del conto in cassa: la Champions fa a gara con gli introiti televisivi nel rafforzare i bilanci. Ed, infatti, nella classifica dell’ultima dozzina d’anni Bayern, Manchester, Real, Juve, Milan, Arsenal e Barcellona tirano il gruppo dei Paperoni.
Non a caso oggi vincere la Champions conta molto di più che conquistare un campionato come potrebbe dimostrare il Rosenborg che, in Norvegia, è arrivato a tredici scudetti consecutivi, ma in Europa ha recuperato quota danaro di minoranza. E così tante pluriscudettate dell’ultima decina d’anni: Porto in Portogallo (6 titoli e nel 2004 ha vinto pure la Champions), Psv Eindhoven (5) in Olanda, Olympiakos (8) in Grecia, Spartak Mosca (6) in Russia, Sparta Praga (7) nella Repubblica Ceca. Basta mettere il dito sul mappamondo calcistico per capire. Sono tutte squadre figlie di campionati più equilibrati, mediamente verso il basso anche se, poi, molte di loro mettono in gran difficoltà le nostre formazioni. Curiosità: in Romania vincono solo le squadre di Bucarest. Basandosi, invece, solo sul gioco dei punti, ecco tornei molto più equilibrati, certamente più avvincenti. Vedi Olanda, Polonia, Austria, Portogallo.
Oggi, nei paesi doc, l’unica alternativa alla dittatura è lo sbadiglio: il Lione ha 14 punti di vantaggio sul Bordeaux, il Bayern sei sull’Amburgo, il Barcellona è sempre lontano dall’Osasuna (+ 7). Il Chelsea, poi, è insopportabile: + 16 sul Manchester United. Per tutte fu vera gloria? Il potere economico rischia di creare voragini. Pure in Italia, dove sarebbe meglio sfoltire la serie A. Pierino Prati, goleador anni Sessanta, se la cava con un ricordo: «Anche ai nostri tempi c’erano tante squadre materasso». Vero, ma c’erano meno tv e meno danari sui quali fondare il business.

E se la gente si stufa? In attesa di miglior risposta, ecco una classifica in cui la Juve è seconda: fra le squadre dei cinque tornei più grandi la media punti del Chelsea (2,77) è migliore di quella bianconera (2,73). Seguono Bayern (2,58), Barcellona (2,42) Lione (2,40). L’antipatico Mourinho ha messo sotto anche il grugno duro di Capello. Forza Don Fabio, alla riscossa.

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