Troppi veti incrociati, i centrtisti arrivano alla conta

Adalberto Signore

da Roma

Sono da poco passate le 17.30 quando davanti all’ingresso della presidenza della Camera inizia un fitto viavai di ministri e dirigenti dell’Udc. Rocco Buttiglione arriva dalle scale, Carlo Giovanardi esce dall’ascensore, Luca Volontè si affretta dagli uffici del gruppo, tutti hanno il volto un po’ tirato, segno evidente che il momento non è dei più felici. Si vede pure Mario Baccini, toscano in bocca e un’espressione grave che è la sintesi più eloquente dello stato dell’arte: a poco più di dodici ore dal Consiglio nazionale dell’Udc l’accordo sul nuovo segretario del partito è ancora lontano. Una impasse dovuta a una serie di veti incrociati e, soprattutto, al fantasma di Marco Follini che continua ad aleggiare su via Due Macelli facendo sentire tutto il suo peso nella corsa alla successione.
Così, dopo che martedì si era deciso di demandare a Pier Ferdinando Casini l’investitura del nuovo segretario, ieri è arrivato l’altolà di Mario Tassone. Democristiano calabrese di lungo corso e ottimi rapporti con Follini, il viceministro alle Infrastrutture è il capofila di quanti nell’Udc non gradiscono le due candidature messe in campo da Casini: la giovane avvocatessa Erminia Mazzoni, responsabile Giustizia del partito, e in subordine il capogruppo a Montecitorio Volontè. «Se per la segretaria abbiamo un nome di peso, bene. Altrimenti - sarebbe stato il ragionamento di Tassone - non vedo perché non possa farlo io». Insomma, finché era in corsa l’eurodeputato Lorenzo Cesa, gradito a Follini e cinghia di collegamento tra quest’ultimo e Casini, nessun problema. Ma entrata in gioco la Mazzoni, su cui l’ex segretario ha subito palesato la sua contrarietà, la partita si riapre prospettando una vera e propria conta tra i 313 membri del Consiglio nazionale. Eventualità che diventa certezza quando, terminato un lungo incontro serale con Casini, Tassone si limita a dire che è stata fatta «una valutazione». E la conta inizia già in serata, quando Baccini convoca una riunione pro Mazzoni cui prendono parte 52 consiglieri nazionali, i segretari di Lazio Veneto e Sardegna e una decina di parlamentari. Qualche minuto e con la giovane avvocatessa si schiera pure Giovanardi. Tassone, da parte sua, non arretra: oggi «ci conteremo e vedremo cosa succede».

A tarda sera la bilancia pende dalla parte della Mazzoni, anche se resta l’incognita dei siciliani. Il rischio, però, è che dal Consiglio nazionale esca un’Udc ancora una volta spaccata. «La soluzione più probabile - chiosa un perplesso Buttiglione - è che appaia la vergine di Chestokowa e ci indichi la strada».

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