«Troppo disordinati per quel catenaccio»

Jacopo Granzotto

Nel calcio ci vuole ordine, sennò non si vince. Questa l’onesta disamina di mister Spalletti sull’inaspettato pareggio per 1-1 in casa contro l’umile Chievo di saracinesca Sicignano. Veronesi che salutano con soddisfazione il ritorno di Delneri capace di prendere due piccioni con una fava, pareggiando in un colpo solo i risultati del predecessore e vendicandosi di una piazza che non l’ha mai amato.
La Roma sembra avere la sindrome dell’Inter, pazzerellona e inaffidabile in quanto a continuità. Dopo la vittoria in Grecia casca contro una delle squadre tecnicamente meno attrezzate del campionato grazie alla forma precaria degli attaccanti. «È stata una partita concitata - dichiara Luciano Spalletti-. La partita l’abbiamo fatta noi, magari al di sotto delle nostre possibilità. Poi nel secondo tempo siamo stati di più nella loro area di rigore ed abbiamo avuto diverse occasioni, troppe per non trasformarle in gol».
Rimpianti e avvertimenti per il futuro. «Loro hanno giocato come sanno, in contropiede. Noi ci alzavamo troppo lentamente e in troppi, concedendo loro la possibilità di ripartenze pericolose. Il Chievo è una buona squadra e qualcosa gli devi concedere, sia per le loro caratteristiche che per come li ha messi in campo Delneri».
Spalletti, con il conforto delle immagini televisive, può però giudicare il gol di Pellissier, «un clamoroso fuorigioco», che aveva portato in vantaggio il Chievo. Ma poi rimprovera i suoi: «Capita che quando prendiamo gol, quando andiamo sotto, dovremmo fare meno confusione. Cerchiamo di riprendere in mano la partita, ma perdiamo le posizioni senza conservare una logica di squadra nel tentativo di attaccare in velocità».
De Rossi è invece l’emblema della delusione. «C’è poco da analizzare gli arbitri entrano negli spogliatoi e ci avvertono di non fare trattenere l’avversario in area, poi in campo però non le fischiano, valli a capire...».
Contrariamente ad altri campioni del Mondo il centrocampista giallorosso non ha risentito delle fatiche mondiali. «Ho giocato meno degli altri al Mondiale, ma le tensioni e lo stress sono stati anche superiori ai miei compagni. Il Mondiale è stata una cosa unica e un’avventura sicuramente forte - spiega - ci mancherebbe che dopo il mondiale io snobbi una squadra come la Roma che per me è tutto».
Il centrocampista giallorosso ringrazia ancora l’ex ct Marcello Lippi. «Con me è stato straordinario, soprattutto a livello umano. Lo ringrazierò per sempre e quello che ha fatto non lo dimenticherò per tutta la vita. Un aneddoto? Un paio di giorni dopo l’espulsione mi ha chiuso in uno stanzino e mi ha parlato come un padre ad un figlio.

Poteva attaccarmi al muro e dirmi che me l’aveva detto di stare attento e invece mi ha detto: “ho grande stima di te come giocatore ma soprattutto come uomo”». E a proposito dei campioni del mondo, c’è un dato inquietante che emerge dalle votazioni dei 50 eletti al pallone d’oro: nella lista dei sette italiani spicca la mancanza di romanisti: e se li avessimo sopravvalutati?

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