Londra - Se sei liberal o se sei conservatore lo dice il cervello. Non l’educazione, non gli studi, non le esperienze. Tutta questione di neuroni: a seconda di come si comportano loro, cambia il nostro atteggiamento politico-culturale.
A dirlo è la scienza e in particolare uno studio diretto dallo scienziato italo-americano David Amodio dell’Università di New York. Il ricercatore ha studiato per anni i comportamenti di liberali e conservatori, li ha riempiti di sensori, sottoposti a domande e test. Alla fine ha trovato il cervello politico: ha individuato la zona nella quale la nostra psiche «sceglie» da che parte stare. Secondo quanto riferito sulla rivista britannica Nature Neuroscience, alla base delle differenze tra conservatori e liberal c’è la differente attività di un’area del cervello coinvolta, guarda caso, nell’elaborazione di soluzioni a situazioni conflittuali: è la corteccia cingolata anteriore, posta in una regione tra i due emisferi cerebrali. Sono numerosi gli studi che hanno messo in evidenza tratti tipici della personalità di un conservatore e di un liberale. Tra questi, ha ricordato Amodio, quello di John Jost della Stanford University che nel 2003 tratteggiava i tratti psicologici associabili all’«uomo conservatore».
Chiusura nei confronti dell’ambiguità, calma e riflessione rispetto alle novità: questi gli aspetti centrali della personalità conservatrice, ma dove affondano? Amodio ha voluto affrontare l’argomento sotto il profilo neurale, così ha coinvolto un gruppo di persone che si erano auto-definite liberali o conservatori e ha chiesto loro di partecipare a una specie di test. I volontari dovevano premere un tasto in risposta a un dato stimolo o astenersi dal premerlo in risposta a uno stimolo differente. Lo stimolo legato alla pressione del pulsante era il più frequente dei due, tanto da indurre nei soggetti una risposta abituale. Alla fine i volontari premevano il pulsante talmente tante volte da farlo in modo quasi automatico. Quando arrivava improvviso l’altro stimolo, quindi, poteva capitare che i volontari sbagliassero premendo il bottone anche se lo stimolo diceva di fare il contrario.
«Però - ha spiegato Amodio - di fronte al cambiamento improvviso dello stimolo abituale». In questo caso i soggetti che avevano dichiarato le proprie tendenze liberali erano più reattivi, dimostrando di essere più rapidi e più frettolosi nel cambiare idea, rispetto ai conservatori che invece erano più propensi alla coerenza. I ricercatori, che nel frattempo analizzavano l’attività cerebrale dei partecipanti con l’elettroencefalogramma, hanno riscontrato che al cambio di stimolo si accende la corteccia cingolata anteriore, una regione sentinella per le situazioni di conflitto, come quelle che possono essere scatenate da un cambiamento inopinato.
Nel cervello dei liberal la corteccia si accende più intensamente che non in quello dei conservatori, ha proseguito l’esperto, cosa coerente con la loro maggiore reattività al cambiamento e a quella che gli studiosi hanno chiamato «tendenza all’ambiguità», ovvero quella indecisione che porta all’entusiasmo improvviso verso ogni novità e che spesso si trasforma anche in un atteggiamento di poca chiarezza.
«Nel nostro studio - ha raccontato l’esperto - i liberali sono più bravi dei conservatori nell’inibire la risposta abituale (la pressione del pulsante), quando arriva il comando di farlo, inoltre la loro corteccia cingolata è più attiva in questa situazione».
«Questi risultati - ha riferito Amodio - suggeriscono che le tendenze politiche potrebbero essere legate a differenze fondamentali nel modo in cui ciascuna persona elabora le informazioni a livello cerebrale e regola i propri comportamenti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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