Forse François Truffaut è stato uno dei maggiori lirici damore del 900. E forse, in quel secolo, la poesia lirica si esprime prevalentemente proprio nel cinema. Una felice uscita che abbina un libro di scritti del regista a due dvd (Il piacere degli occhi, con I 400 colpi e La signora della porta accanto, Minimum fax, 28 euro) mi suggerisce questa ipotesi, a un patto, naturalmente: che si intenda laggettivo «lirico» nel senso più stretto del termine.
In senso lato la poesia del Novecento è traboccante di lirica di altissimo livello, da Yeats a Ungaretti, da Lorca a Luzi, da Thomas a Campana. Ma in quel secolo tende a scomparire, o a divenire raro, con grandi eccezioni (Tagore, Neruda, per esempio), il canzoniere damore assoluto, ossia la lirica intesa come opera dedicata esclusivamente allamore per unaltra persona. Lamore in generale è altra cosa, ogni opera darte ne è ispirata. Ma le poesie di Saffo, Catullo, Cavalcanti, del primo Dante, di Petrarca, fondano una tradizione lirica il cui unico tema è lamore per una persona desiderata ardentemente, cuore, centro della vita e della produzione di ogni verso.
Questa lirica damore assoluta diviene più rara nella poesia nel Novecento, spesso mirabilmente trasformata, mentre nel cinema si presenta con perentorietà simile ai modelli antichi: quasi lintera opera di Truffaut, tutta lirica, è costituita da film damore, i volti di Catherine Deneuve in La mia droga si chiama Julie e di Fanny Ardant in La signora della porta accanto splendono per sempre accanto a quelli della Beatrice delle Rime dantesche e di Lesbia, resa immortale da Catullo.
E il grande cinema abbonda di film lirici nel senso stretto del termine: pensiamo a Paris, Texas di Wim Wenders, a La voce umana di Rossellini, a Un amore a Roma di Risi, allopera di Antonioni, la cui famosa trilogia dellincomunicabilità è il culmine di una produzione che va da Cronaca di un amore a un episodio di Amore in città, e si impernia sulla difficoltà del rapporto tra un uomo e una donna, sul dramma dellamore nelletà moderna. E attorno a che cosa ruotano La dolce vita di Fellini e il suo Satyricon, e Casanova e La città delle donne, se non allimpossibilità di un amore comunque cercato, o immaginato, o sognato? Né vale a negare che questa sia poesia lirica in senso stretto la considerazione che in Antonioni, Fellini, nel Bergman «borghese», lamore non è conseguito, che non assistiamo al suo trionfo ma al suo scacco.
Questa è una delle due facce della medaglia amore, che non fu quasi mai estasi appagante: Saffo sveniva, Catullo urlava, Cavalcanti si sentiva bruciare e consumare. Il conseguimento pieno e totale dellamore pare in realtà impossibile, sin dalle origini del genere.
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