MilanoOggi Umberto Bossi arriva a Milano. Parlerà in periferia, per aiutare Letizia Moratti. I graffi della sconfitta risvegliano lorgoglio della Lega. Accusata, forse ingiustamente, di aver sonnecchiato, ora si butta, così come chiesto dal Senatùr, «pancia a terra» nella campagna elettorale. Il ministro Roberto Calderoli dalle colonne della Padania suona la carica e torna a promettere che Silvio Berlusconi e Umberto Bossi hanno pronta una «sorpresa» che capovolgerà i numeri di domenica. Assicurando che «sul voto milanese ha pesato il caos generato da Fini». Matteo Salvini chiede uno «tsunami leghista» per non far «finire Milano nelle mani della sinistra». E forte del record delle quasi 9mila preferenze appena incassate e di una lunga storia di campagne elettorali, è convinto che «a Milano ce la faremo». Il polso è quello dei mercati e di Radio Padania dove sono in tanti i leghisti a raccontare che «si erano distratti al primo turno. Sono andati al mare, ma ora andranno a votare. E voteranno Moratti». Perché la breccia di Pisapia fa già cantar vittoria a centri sociali e compagni della sinistra contagiati da unepidemia di ottimismo che da quelle parti non si vedeva da tempo, ma la Lega non si arrende. E promette battaglia. Ha lanciato le «Dieci giornate di Milano» in una città dove ne bastarono cinque per cambiare la storia. Qui magari si tratterà solo di cronaca, ma un colonnello leghista assicura che «lappuntamento è uno di quelli da non perdere». In tutti i sensi. Nessuna «freddezza», nessun «disimpegno» assicurano nel quartier generale di via Bellerio dopo le accuse di Gad Lerner che ieri su Repubblica insinuava il dubbio che proprio un atteggiamento tiepido del Carroccio avrebbe favorito lavanzata del candidato ultrarosso Pisapia. «Solo un tentativo di seminar zizzania». E, del resto, imputare scarso impegno a un partito che è passato da 23mila voti e il 3,75 per cento alle Comunali del 2006 a 57.400 voti e il 9,7 per cento nel 2011 sembra davvero curioso. Vero che alle ultime Regionali i bossiani di voti ne hanno raccolti 74mila, ma si trattava di elezioni diverse e come si sa il rapporto del partito con il territorio fa variare molto i risultati a seconda di per chi e per cosa si votare. Nota le freddezza dei leghisti per la Moratti, ma in ballo questa volta cera (e cè ancora) un posto da vicesindaco per Salvini. E proprio per questo e da quei 17mila voti mancanti allappello, la Lega vuol far ripartire la sfida. Convinta che capovolgere il risultato sia tuttaltro che una mission impossible. Anche perché oltre ai tradizionali gazebo e mercati, oggi la Lega si impegnerà nelle parrocchie e davanti alle chiese con volantini disegnati sullelettorato cattolico. A raccontare del registro delle coppie di fatto e stanze del buco messi nero su bianco nel programma di Pisapia e compagni.
Perché «Non è un terrorista, ma Pisapia fa paura» si legge nella nuova ondata di volantini. «Milanese avvisato, mezzo salvato...» cè scritto nel cartoncino che riporta «pagina 23 del programma della sinistra: Per coinvolgere gli stranieri nelle decisioni politiche della città è fondamentale riconoscere il diritto al voto». Come agitare un drappo rosso davanti a un toro. Così come evocare il ritorno dei rom sgomberati con tanta fatica e risotti a Milano da 10mila ad appena 1.500 in solo cinque anni di giunta Moratti.
In mattinata il ministro dellInterno intervenendo a Varese alla Festa della polizia ha spiegato che a spaventarlo non è uneventuale giunta guidata da Pisapia, quanto piuttosto alcuni punti del programma del centrosinistra. «Che prevede - ha spiegato - iniziative che non sono affatto condivisibili, come le moschee». Impegno nellultima settimana e tema della sicurezza? «Si gioca su tutto, sul buongoverno, su quello che è stato fatto e sui progetti per il futuro». Poco dopo arriva Bossi che promette, oltre alluscita di oggi in via Farini, anche un grande comizio. «Pisapia - ha ripetuto ieri - rischia di trasformare Milano in una Zingaropoli. Vuole aumentare i campi rom e costruire la basilica musulmana più grande dEuropa. La Lega non può permettersi di lasciare andare Milano a scatafascio». Giulio Tremonti premier? «È molto amico di Berlusconi, non gli farebbe mai uno scherzo del genere, non accetterebbe». Poi ancora Milano. «Dobbiamo portare qui i ministeri». Le tasse.
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