Antonio Lodetti
da Milano
«Descrivo persone che lottano contro un mondo che le accerchia, magari consumate ma non vinte»; con queste parole Bruce Springsteen mette a nudo il suo animo di rocker ma anche e soprattutto di cantore popolare, ultimo eroe di unAmerica arcaica che sfugge alla storia per riportare i suo valori nella cronaca. Lo ha fatto con dischi acustici come Nebraska, il capolavoro The Ghost of Tom Joad che gronda di echi steinbeckiani, il recente Devils & Dust. Lo ribadisce con il suo nuovo album (il ventunesimo, in uscita il prossimo 24 aprile in versione cd e dual disc) We Shall overcome: The Seeger Sessions, dedicato alle canzoni di Pete Seeger, padre della musica folk Born in the Usa insieme a Woody Guthrie.
È il primo disco di sole cover per Springsteen, che si tuffa con istintiva immaginazione nel repertorio di Seeger e nelle canzoni «country» da lui rese famose in tutto il mondo. Il banjo di Seeger (che oggi ha 87 anni, vive su una chiatta lungo il fiume Hudson e tiene ancora decine di concerti) in America è una leggenda; compagno di università ad Harvard di John Fitzgerald Kennedy, prima con gli Almanac Singers (insieme a Guthrie) poi con i Weavers e infine come solista è stato un pioniere delle lotte sindacali e delle canzoni di protesta. Dalla sua penna sono usciti Where All the Flowers Gone, Turn Turn Turn (presa dal libro dellEcclesiaste e portata al successo dai Byrds) e We Shall Overcome e che dà titolo al disco, il primo di sole cover per il Boss. We Shall Overcome (scritta da Seeger unendo melodie e testi di antichi spiritual come No More Auction Block For Me, Ill Be Allright e Ill Overcome Some Day) divenne subito un inno dei movimenti pacifisti e delle marce di Martin Luther King. Il pezzo è un vecchio pallino di Springsteen, che la incise nel 98 nel doppio cd-tributo Where All the Flowers Gone: The Songs of Pete Seeger accanto ad artisti come Jackson Browne, Donovan, Tom Paxton, Ani DiFranco, Roger McGuinn. Ora il Boss va a pescare tra le perle dellarzillo vecchietto e tra quelle dellAmerica dei perdenti. «Molte delle canzoni che scrivo, soprattutto quelle acustiche, prendono spunto dalla tradizione folk - ha detto il Boss - ; incidere questo cd è stata una liberazione creativa, così ho pagato il mio debito con le radici, imparando a raccontare un intero mondo con poche note e poche parole».
Così si snodano ballate come John Henry (uno dei traditional più imitati, storia di un mitico operaio della ferrovia che ingaggia una lotta allultimo respiro con una perforatrice), favole dal retrogusto amaro come Froggie Went A-Courtin, gospel come Oh Mary Dont You Weep, canti dei fuorilegge come Jesse James e ballate che risalgono al «medicine show» (quel mondo in cui gli artisti giravano su carrozzoni insieme a varia umanità e soprattutto a medici-truffatori che vendevano unguenti di ogni tipo) come Old Dan Tucker. Springsteen dunque ritorna alle radici con attenzione filologica ma con grande disinvoltura ritmica. Rispetto alla scarna intensità delle musiche di Seeger, che accompagna la sua voce declamatoria con il solo banjo a cinque corde o più raramente con la chitarra, il Boss rivestirà i pezzi con lintensità cromatica di uninedita band che allinea - accanto alla immancabile voce della signora Patti Scialfa e al consueto violino di Soozie Tyrell - vede schierati tra gli altri Art Baron alla tuba, Richie «La Bamba» Rosenberg al trombone, Marek Pender alla tromba, Ed Manion al sax, Mark Clifford al banjo, Charles Giordano alle tastiere e alla fisarmonica. E il rock? domandano i fan sfegatati della E Street Band. Per loro cè da aspettare.
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