Roma Il Pd si risveglia e fa la voce grossa sulla vicenda del sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso? L’ex governatore abruzzese Ottaviano Del Turco scuote la testa. «Macché, secondo me non c’è nessuna svolta garantista. Aspettiamo i prossimi giorni, prima di esprimermi voglio vedere che dirà il Pd sulle questioni della giustizia. Di certo rispetto agli strali di Veltroni mi sembrano più sincere e meditate le riflessioni di Violante su certi arresti. Visto che l’ex presidente della Camera oltre alla vicenda di Pescara finalmente si sofferma anche sul mio caso».
Però il Pd ha cambiato linea dopo le ultime inchieste. Veltroni si congratula con D’Alfonso tornato libero e parla di «fatti gravissimi» a Pescara.
«È normale che il segretario del Pd si schieri col sindaco del suo partito. Il problema è un altro: 5 mesi di attività giudiziaria hanno distrutto il centrosinistra in Abruzzo e messo in crisi la giunta comunale a Pescara. Perché Veltroni e il Pd se ne accorgano solo ora, be’, Dio solo lo sa».
Potrebbe chiederglielo.
«Io? Io con Veltroni non ho mai parlato in questi mesi, dopo il mio arresto mai una telefonata o una lettera. Né mi ha chiamato nessuno del gruppo dirigente del Pd. Ho provveduto ad autosospendermi dalla direzione nazionale del partito con una lettera alla quale Veltroni non ha nemmeno risposto. Ovviamente non ne faccio una questione giuridica, perché in un partito ci si sta o non ci si sta».
Lei ci stava, e non marginalmente.
«Io ho votato per Veltroni, ma per fortuna a luglio c’era il premier a ricordare a tutti i miei diritti costituzionali. Il silenzio del Pd è una vergogna per un partito che si chiama “democratico”. Tra l’altro ora difendono D’Alfonso per un procedimento penale in cui almeno i passaggi di denaro sono dimostrati. Nel mio caso invece c’è solo Angelini che lo sostiene. Sono contento per il sindaco, ma mi domando come mai io sono stato prima in carcere, poi ai domiciliari e ho ancora l’obbligo di dimora. Non chiedevo a nessuno di giurare sulla mia innocenza, ma solo di difendere il mio status di innocente fino a prova contraria. E invece...».
Invece?
«Invece Veltroni manda in Abruzzo Massimo Brutti a fare il commissario, Brutti che nella sua vita si è occupato solo di spionaggio e di vicende giudiziarie. Brutti che mi rimprovera, sindaca sui miei incontri con Angelini, si immagina un ruolo da pubblico ministero che nessuno gli ha affidato ma che è quello che gli calza meglio. Dovrebbe vergognarsi. Peraltro è singolare che i due uomini che si occupano di giustizia nel Pd, ossia Brutti e Lanfranco Tenaglia, hanno entrambi nel proprio passato il Csm, e dunque si sono occupati di carriere dei magistrati».
Un caso singolare?
«Sì, diciamo che adesso capisco molto bene come mai solo Tenaglia in Abruzzo era ritenuto intoccabile. Ricordo che sia D’Alfonso sia Marini consideravano la candidatura di Tenaglia nelle liste del Pd in Abruzzo assolutamente intoccabile».
Nel Pd c’è anche chi, come Franco Monaco, ribadisce la gravità delle accuse a D’Alfonso e ricorda il «rovescio» della sua giunta.
«Monaco... non ho letto le sue dichiarazioni, ma mi chiedo da che storia politica nascano le sue opinioni. E penso a inquisizione e controriforma».
Lei si sente ancora un uomo del Pd?
«Non ci si cancella da un partito attraverso i giornali, ma tra me e il partito c’è un fossato ormai difficilmente colmabile. E i salti tripli di Veltroni per recuperare una posizione accettabile sulla giustizia li trovo un po’ patetici e un po’ orribili».
Intanto il ciclone giudiziario lambisce l’Idv: un parlamentare dipietrista nel 2006 è stato indagato per 416 bis.
«Una guerra tra garantisti a colpi di accuse per i propri nemici e di difese per i propri amici è tutto, ma non garantismo. Anzi, il primo garantismo è quello verso gli avversari.
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