Turismopagina a cura di Stefano Passaquindici

nostro inviato a Gerusalemme

«Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra e mi si attacchi la lingua al palato» piange il salmista. Eppure capita a molti di mettersi in viaggio tra Siria, Giordania, Egitto senza toccare la terra d’Israele. Un po’ il timore di trovarsi in mezzo a una contesa millenaria e irrisolta, un po’ l’idea che sia una destinazione per soli pellegrini desiderosi di sciamare da una basilica a un monastero senza nemmeno guardare il panorama dal finestrino.
Invece è meta ideale per un viaggio sereno e pensoso, con il vantaggio di concentrare tutto il desiderabile in un lembo di terra lungo quattrocentosettanta chilometri e largo al massimo centotrentacinque, che si può girare comodamente in macchina o anche in bus, per chi preferisce il piccolo lusso di lasciare ad altri la fatica di organizzare il grand tour.
A Nord, oltre la Galilea, le disputate alture del Golan sono luogo di riposo della mente e board watching, si guardano i confini con il Libano e con la Siria ripensando alle chiacchierate di Gesù con gli apostoli, alle conquiste di Mosè e Giosuè, alle campagne di Alessandro Magno, alla guerra dei Sei Giorni, quando Israele respinse l’offensiva siriana e invase le alture che l’Onu reclama ancora come territori occupati.
Gli israeliani del Golan producono un ottimo vino kosher, lavorato solo da religiosi e mai di sabato. Un giro per le cantine merita certamente il viaggio, sia per degustare Pinot Nero e Merlot che fanno venire in mente il miracolo delle nozze nella vicina Cana, sia per vedere uno spaccato di storia in divenire. Nel 2009 il vino dei coloni offerto dalla missione israeliana alle Nazioni Unite fu al centro di un piccolo incidente diplomatico con la Siria.
Sull’Hermon in inverno si scia, ma per chi non se la sente di osare tanto, le riserve dell’area sono adatte a vacanze nel verde più tranquille, dal semplice campeggio alle settimane a cavallo fino ai soggiorni in resort di lusso con terrazze private a poca distanza dalle piscine naturali di Meshushim.
I più preferiranno lasciarsi serenamente condurre sul pullman in giro per la Galilea, vero paradiso per chi ama la storia che parla nei paesaggi e nelle pietre e può vedere le tracce dei crociati a Akko e Saffed, il luogo dell’incarnazione di Gesù a Nazareth, la casa in cui ha vissuto a Cafarnao e località meno appariscenti come Tabgha, dove nel giro di pochi passi c’è la chiesa del Primato di Pietro e l’austero monastero delle benedettine sorto per ricordare la moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Saffed, la parte antica di Tzfat, nell’alta Galilea, è uno strano miscuglio di severi hassidim e fricchettoni new age, che vivono arrampicati tra i pendii verdi e l’aria pulita della città santa ebraica. Madonna in ricerca mistica è salita fin quassù per pregare sulla tomba di uno dei fondatori della Kabalah, ma gli studi iniziatici delle Sacre Scritture spesso si trasformano in formulette ai confini con la superstizione. I bei negozietti dall’aria chic, gestiti da religiosi ortodossi come da giovani dalle chiome lunghe e profane, vendono menorah e quadri dipinti con le parole dei salmi accanto a mani di Fatima e oggetti più o meno simili ai nostri scaramantici corni.
Tappa interessante è il parco archeologico di Beit Shean, l’antica e ben restaurata Skitopolis, capitale della Decapoli dopo la conquista di Pompeo nel 63 avanti Cristo, dove si può passeggiare tra il teatro romano, le strade, le terme, il tempio, incastonati tra gli alberi e il cielo. Secondo i dottori del Talmud «se il paradiso ha sede in Terra santa, Beit Shean ne è la porta d’ingresso».
C’è un morbo che da queste parti si chiama «sindrome del profeta», studiata già dai teologi del Cinquecento.

Chi si bagna nel lago di Tiberiade, contempla le alture del monte Hermon o passeggia per le viuzze bianche di Gerusalemme, insomma chi si avventura sui passi di Gesù e dei profeti, viene colto da un appassionato desiderio di divino, che può degenerare in raptus di predicazione ai danni dei compagni di viaggio.
Nulla di cui preoccuparsi, almeno di solito. Per chi teme di esserne sopraffatto il rimedio è Tel Aviv, città di locali e divertimenti notturni fino all’alba.

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