Tursi preferisce mangiare il cioccolato «Compañera»

Nel bando di gara per i distributori automatici punteggi alti a chi propone prodotti del commercio equo e solidale

Tursi preferisce mangiare il cioccolato «Compañera»

(...) proprio nel settore dei dolci monoporzione, delle merendine o dei biscotti. È un po’ come se Sandro Biasotti, anziché la campagna a tutela del basilico di Prà per il pesto ligure avesse indetto un appalto stabilendo che le mense regionali servissero piatti di trenette di aziende lontane (ma con la certificazione equa e solidale) piuttosto di quelle fatte in casa perché il pastificio sotto casa non ha il «bollino blu». Strano, ma vero. Perché la gara indetta dal Comune di Genova, e scaduta il 30 maggio scorso, per la gestione dei distributori di «bevande e/o altri generi di conforto» negli stabili e negli uffici pubblici è stata vinta da una ditta di Bergamo, mentre ne sono rimaste fuori sei società genovesi superspecializzate nel settore, dalla Gedam alla Odac, dalla Lbs alla Pit Stop Matic, dalla Gedag all’Automatica Settentrionale.
Non ci sarebbe nulla di male (e comunque non c’è nulla di illecito) se la ditta «foresta» avesse vinto superando le concorrenti su un bando di gara «normale», fatto di offerte economiche, ma anche di riscontri sulla qualità del prodotto, di valutazioni sull’esperienza sul campo. Invece i cento punti (massimi) in palio per aggiudicarsi il bando, venivano offerti in misura maggiore (55) a chi poteva garantire «prodotti provenienti da coltivazioni biologiche» e /o dalla rete del «commercio equo e solidale», oltre che da un’offerta di pulizia più frequente dei macchinari.
Il risultato è che nelle macchinette di Tursi finiscono ad esempio le barrette di cioccolato «Compañera», che sicuramente piaceranno molto alla maggioranza anche per via del nome, ma che sono prodotte in Svizzera, importate da Bolzano, smerciate da Bergamo e consumate a Genova. E hanno il bollino di «Altromercato», che le garantisce dal rischio di essere bollate come prodotto da multinazionale. Ma tanti passaggi compresa questa certificazione, in genere, sottindendono a costi maggiori. Invece la ditta vincitrice dell’appalto ha offerto prezzi che tutte le società genovesi hanno definito fuori mercato, tanto che hanno deciso di ritirarsi o di non partecipare neppure alla gara. Nessuno pretende una sorta di «scudo» doganale a farvore delle società locali, ma la scelta dei parametri per l’aggiudicazione della gara fatta da Tursi ha lasciato molti dubbi.

Anche perché appalti simili si stanno ripetendo anche in altre strutture pubbliche della città. Fare un po’ di luce sull’affidamento dei servizi di Tursi sarà il filo conduttore dell’inchiesta che il Giornale inizia oggi.
(1 - continua)

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