Diego Pistacchi
Pensare di lucrare oggi alle spalle dei risparmiatori grazie ai bond argentini è come telefonare alla sede della Juventus per chiedere chi sarà larbitro della prossima partita. Eppure il Comune di Genova ha deciso, buon ultimo, di provarci. A chi ha perso i suoi risparmi investendo tutto oltreoceano è rimasta almeno una speranza: quella di fare causa alle banche o allo stesso Stato sudamericano. Con un po di documentazione raccolta nei modi giusti, magari con laiuto di qualche associazione di consumatori come il Codacons, ce la si può anche fare. E più di un genovese lha fatto.
Molti certificati si devono ritirare in Comune. Un euro e mezzo per rimborso spese e ventisei centesimi per i diritti di segreteria e il pezzo di carta che potrebbe ritrasformare un mucchietto di carta straccia in migliaia di euro in contanti viene rilasciato senza troppe difficoltà. Almeno fino a Pasqua. Perché poi il Comune di Genova decide di fare la sorpresa a tutti. Dopo le feste i certificati si pagano. Restano gli stessi «spiccioli» per il disturbo, ma servono anche 14 euro di marche da bollo, perché la richiesta in carta semplice non vale più. Lo dice una circolare di Tursi. La prova provata è un pensionato che aveva già chiesto i documenti per sé il giovedì prima di Pasqua e che nei giorni scorsi è tornato in Comune perché servivano gli stessi atti anche per tre suoi familiari cui i bond erano cointestati. Si è sentito chiedere i 14 euro di marche da bollo. Il Codacon Liguria insorge e chiede spiegazioni a Tursi: «Cosa significa questa novità? E i documenti finora rilasciati in carta semplice non valgono?», si chiede il presidente Diana Barrui.
Lo stesso presidente del Codacons Liguria è agguerrito sulla storia dei bond argentini. Ha appena vinto una causa contro una filiale della Carige di Savona che aveva «rifilato» dei bond a un suo cliente per 25mila euro.
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