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Turturro: porto in scena Eduardo e l’America parlerà napoletano

Enrico Groppali

da Napoli

Incontrare lui vuol dire, come accadeva ogni volta che un giornalista contattava Sinatra o Dean Martin, scontrarsi amichevolmente con un clan. Perché anche John Turturro, a Napoli per le recite in perfetto slang made in Usa di Questi fantasmi, il capolavoro di Eduardo, viaggia scortato dal suo regista di fiducia Roman Paska, che già fu al suo fianco quando realizzò nel ’98 Illuminata, il suo secondo film come regista, e dalla scenografa Donna Zakowska. Inutile aggiungere che il trio esercita sullo spettatore un fascino bizzarro dato che mentre Paska, coi suoi occhialini di fil di ferro e la chioma scomposta, ha tutta l’aria di uno studente modello della Columbia University, la Zakowska inalbera sulla sua taglia matronale e sostanziosa dei colori chiassosi da cassata siciliana che farebbero impazzire di gioia il compianto Federico Fellini.
In mezzo tra i due che gli fanno corona come si conviene a un’icona spicca poi lui, col suo riso accattivante da bravo ragazzo del Bronx che, felice come una Pasqua di essere approdato a Partenope e di aver scoperto, tempo fa, il teatro di Eduardo, adesso vuole ad ogni costo portare in America anche gli altri capolavori del Nostro dopo la trionfale accoglienza tributata a Questi fantasmi sia a New York che all’ombra del Vesuvio.
Come è cominciato questo sodalizio con Eduardo?
«Per caso, sempre che il caso in quanto tale esista. Perché io sono convinto che nella vita siamo tutti soggetti a incontri, esperienze, vicende che ci trascendono e di cui sottovalutiamo l’importanza».
Come, come?
«Si ricorda di Animals, il film di Michael Di Jiacomo di cui era protagonista il mio amico Tim Roth dove io, nel ruolo di un gangster che gli punta una pistola alla tempia, convinco lui, che fa il tassista, ad abbandonare le strade rumorose della metropoli? Be’, a me è successa la stessa cosa col vostro regista Francesco Rosi che, durante le riprese della Tregua, mi incitò a leggere questo testo bellissimo e inquietante».
Inquietante Questi fantasmi? Non le pare di esagerare?
«E perché? Non è inquietante che quel pover’uomo di Pasquale Lojacono, del tutto ignaro della tresca tra la moglie ed Alfredo che si consuma sotto i suoi occhi, continui tutta la vita a mangiar corna scambiando il rivale per un fantasma?».
Mi ha convinto. Ma adesso, tornato in America, cosa farà? Lo porterà sullo schermo?
«Non mi dispiacerebbe. Anche se da voi, anni fa, c’è già stata una riduzione cinematografica con un attore come Gassman».
Perché invece non pensa a un film sulla vita di Eduardo? In fondo, in Barton Fink, il film dei Coen, l'abbiamo visto nei panni di un commediografo in crisi creativa...
«Dice bene, era davvero un personaggio che non riusciva a far quadrare i conti con se stesso. Ma Eduardo che c’entra? Le sue difficoltà, i suoi problemi, i suoi rimorsi li occultava sempre con pudore. E non li faceva mai trasparire, se non nelle sue commedie».
Ha incontrato difficoltà nell’accostarsi al suo mondo?
«Una via l’altra.

Ma per fortuna accanto a me c’è stato un angelo di nome William Weeaver, il traduttore di Primo Levi e di Calvino negli Usa che mi ha assistito come un padre».
È vero o no che Eduardo è tuttora semisconosciuto in Usa? «Verissimo. Ci siamo fermati a Dario Fo e a Pirandello. Ma adesso, grazie a Turturro, parleremo tutti in napoletano».

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