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"Ma in tutta Italia la violenza è sempre meno"

Barbagli: «Ci sentiamo insicuri oggi come 20 anni fa»

"Ma in tutta Italia la violenza è sempre meno"

Medici, infermieri, insegnanti, operatori pubblici, anche qualche giornalista: sono categorie a rischio nell'Italia di oggi dove crescono i conflitti, le pretese, le tensioni tra le persone e nelle famiglie, fino alle aggressioni. Il clima sociale peggiora, almeno nella percezione della gente e nel racconto che ne fanno gli organi di informazione. E ci si chiede quali ne siano le cause: errori, attese frustrate, mancato rispetto delle regole, disprezzo verso le istituzioni o le varie «caste» professionali, svalutazione delle competenze, perdita generale di fiducia.

Il professor Marzio Barbagli, sociologo dell'università di Bologna e studioso dei fenomeni criminali nel nostro Paese, è però scettico verso questa rappresentazione. «I casi eclatanti finiscono sui giornali ma non sempre questo significa che ci sia una tendenza in atto spiega -. I dati di lungo periodo dicono che, contrariamente a quanto si pensa, la violenza in Italia oggi è in forte declino rispetto al passato. Tutti gli indicatori principali sono concordi».

Il tasso di omicidi, per esempio, è il più basso degli ultimi 500 anni: «Un contributo decisivo è stato dato dall'unificazione italiana, dalla progressiva legittimazione dell'autorità statale e dall'affermarsi del principio che non ci si può fare giustizia da sé. È una trasformazione profondissima». Nel 1992 si sono registrati 1.916 omicidi (3,4 per 100.000 abitanti) mentre nel 2016 sono precipitati a 397 (0,65 per 100.000). Soltanto nell'ultimo anno il calo è stato del 15%.

Anche altri indici suggeriti da Barbagli vanno nella stessa direzione. I suicidi, per esempio: l'Istat rileva che dal 1995 al 2017 il loro numero è diminuito del 14% e che in Europa soltanto Grecia e Cipro ne hanno un numero più basso rispetto al numero di abitanti. «I suicidi di imprenditori sono casi tragici ma non hanno intaccato la tendenza al calo complessivo, l'ipotesi di un fenomeno consistente non ha fondamento», aggiunge il professore. Inoltre, tra il 2008-2009 e il 2015-2016 l'Istat rileva un leggero calo nella preoccupazione dei cittadini circa la sicurezza, e non certamente un aumento. «Il senso di insicurezza non è cambiato in misura sostanziale negli ultimi 20 anni. L'Italia è stabilmente insicura», osserva Barbagli.

Questi dati significano che il fenomeno delle aggressioni a medici, infermieri e insegnanti sono stimati in eccesso o sovrarappresentati? Risponde Barbagli: «Per questi casi non ci sono serie storiche consolidate. Se c'è un aumento della violenza nelle scuole o negli ospedali lo si dirà soltanto tra qualche anno. Lo stesso vale per situazioni come il bullismo, che peraltro è molto difficile da definire: i dati sono recenti e i fenomeni di profonda trasformazione impiegano anni per radicarsi nella nostra società. Al momento i numeri ci dicono che la società italiana nella sua lunga storia non è mai stata così poco violenta come ora in tutti gli ambiti. Posso immaginare che la gente e i giornali siano colpiti; le televisioni enfatizzano gli episodi e i politici magari cavalcano un presunto aumento dell'insicurezza percepita. Ma finché non risultano evidenze dai dati gli studiosi non possono parlare ma soltanto rinviare ogni giudizio.

E comunque ci vorrebbe più prudenza da parte di tutti».

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