Cronaca locale

Tutti gli epici colori della battaglia

Coraggiosa la scelta di Massimo Venturiello di rispolverare un successo cinematografico di fama internazionale, un autentico capolavoro del mondo della celluloide di Federico Fellini, insignito nel '54 del Premio Oscar; ancora più audace il tentativo, ottimamente riuscito, di offrirne una lettura altrettanto emozionante e «capace di fare riflettere il pubblico, lasciando qualcosa di importante nell’animo degli spettatori», come afferma lo stesso Venturiello nei panni del protagonista Zampanò e di regista de «La strada», in scena dal fino al 30 maggio al Teatro Manzoni (info: 7636901, www.teatromanzoni.it). Affiancato sulla scena dalla compagna di vita Tosca, nelle vesti della diffidente Gelsomina, Venturiello racconta delle necessità che lo hanno spinto alla realizzazione della versione teatrale de «La Strada», il dramma con musiche tratto dall'omonimo film, conservando la sceneggiatura originale di Tullio Pinelli e Bernardino Zapponi: «Ho amato subito il tema centrale del lavoro, ovvero l'incomunicabilità e le difficoltà a raccontarsi; i ruoli poi si confacevano molto alle nostre esigenze attorali». L’interpretazione del silenzio e delle sue profondità e l'occasione di dipingerne i profili più rumorosi e carichi di significato, hanno offerto a Venturiello lo spunto per la messinscena di una rappresentazione definita, a torto, musical e che ogni volta si rivela «un racconto lirico musicalmente forte», grazie alle musiche di Germano Mazzocchetti: «Si tratta di uno spettacolo viscerale; se Fellini affrontò la materia in modo intellettuale guidato dalla ragione, io ho sentito una necessità emotiva e infantile di raccontare dell'umanità». Zampanò e Gelsomina sono due zingari che, spingendo il loro carro, diventano protagonisti di un breve e tragico viaggio. Passo dopo passo, percorrono assieme la loro storia esistenziale ai margini della società, accompagnata da silenzi e da parole non dette, da disperazioni afone, da disagi mai urlati e da figure circensi. «Inizialmente il pubblico resta sbigottito - continua il regista - forse perché si aspetta il film, ma ben presto si accorge del mondo di emozioni da cui viene avvolto, e ne resta coinvolto e trascinato fino alla commozione. Le canzoni che raccontano la prosa sono dilatazioni poetiche che inducono lo spettatore alle inevitabili riflessioni; la messinscena lascia il segno proprio perché porta sulle tavole teatrali la dimensione del mondo dei borderline: non a caso, ho dedicato questo spettacolo ai randagi che abitano la strada». «Non è stato facile per me - racconta Tosca - proprio perché il ruolo che rivesto fu di una grande attrice capace di interpretare il personaggio in maniera eccellente. Non amo copiare e perciò se la Gelsomina di Giulietta Masina si presentava con un caschetto biondo, io calco la scena con una parrucca nera, sono una donna molto semplice che dorme con gli animali: ha una connotazione clownesca. Lei ama la vita pura nella sua essenza, mentre Zampanò assiste allo scorrere del tempo fino a quando si accorge che le cose importanti sono i sentimenti».

Premiato nel 2009 come migliore commedia musicale originale, lo spettacolo - avvalendosi anche delle scene di Ugo Chiti, volutamente non realistiche e capaci di creare un’ambientazione priva di luogo, metafora di tante cose - consolida la collaborazione tra La Contemporanea e il Teatro Carcano, compartecipe nella produzione.

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