Tutti ossessionati dal mal di pancia della base leghista

di Mario Giordano
Nebbia e malumori in Val Padana. Ormai è diventato un ritornello da far invidia all’indimenticato Bernacca: di questi tempi non c’è discorso politico, dibattito, comizio o talk show che a un certo punto non tiri fuori lo stato di salute gastrico della «base leghista». È il nuovo luogo comune à la page. Si parla di economia? Bisogna tenere conto del mal di pancia della base leghista. Si parla di riforme istituzionali? Bisogna tenere conto del mal di pancia della base leghista. Si parla di problemi internazionali, disagi sociali, immigrazione, ecologia, riscaldamento globale, situazione dell’agricoltura e crisi commerciale dei gladioli nani? Per carità, non si può capire la situazione senza tener conto del mal di pancia della base leghista. Comincia a venirmi il sospetto che anche il voto dell’Onu sulla Palestina e la cacciata di Gasperini dall’Inter, in fondo, dipendano un po’ dal mal di pancia della base leghista.
La «base leghista» è diventata ormai una specie di realtà mitica, che viene sondata con la stessa attenzione con cui nei tempi antichi veniva sondata la sibilla cumana. Che cosa dirà la base leghista? Che cosa farà la base leghista? Che cosa penserà la base leghista? La base leghista non s’interpella, si scruta; non si indaga, viene evocata. Come fosse uno spirito metafisico, un fantasma epico, capace d’incarnarsi di volta in volta in un soggetto scelto adeguatamente per l’occasione. Un contadino veneto insoddisfatto del raccolto? Un operaio bergamasco inferocito con il mutuo e con la moglie? Un commerciante bresciano che non ne può più delle tasse e del figlio che non studia? Ogni singola insoddisfazione fa brodo, ogni mugugno particolare diventa immediatamente sintomo del malessere generale.
Ci sono fior di inviati di giornali e Tv che da settimane stanno battendo metro per metro la Val Padana alla ricerca della nuova figura mitologica: il Leghista Infelice (leghistus infelix). Immaginiamo che dalle redazioni partano ordini perentori: «Oggi tre etti di lamentela bergamasca, domani un litro di lacrime trevigiane». E a Vicenza niente? E a Verona? Trovatene subito uno sotto il balcone di Giulietta, trovatene uno a Varese, trovate un leghista insoddisfatto, per qualsiasi motivo, anche perché gli hanno appena rigato l’auto, anche perché la sua squadra del cuore ha perso, che importa? Se ne faccia subito un caso, la sineddoche, la metafora assoluta del malumore padano, ingrediente immancabile nel menu politico in questo autunno 2011. Non vedete che va proprio così? Tre operai padovani intervistati su La7, un contadino veneto su Raidue, un po’ di cassintegrati lombardi su Raitre. E sui giornali poche voci che bastano a condire lunghi reportage sull’insofferenza, la delusione, la ribellione. Viaggio nella base leghista, ormai è un genere codificato, un prodotto di maniera, non costa fatica e non impegna. Sistema mal di pancia usato sicuro.
Per carità, non che il malumore non ci sia. La base leghista è insoddisfatta più o meno come sono insoddisfatti tutti gli italiani che vivono con difficoltà questo momento di grandi sacrifici e poche speranze. All’incirca quanto è insoddisfatta la base del Pd o del Pdl. O quella dell’Idv. Quella di Fli no, quella non è insoddisfatta, per il semplice motivo che non esiste più. È svanita. Al massimo potrebbe essere un malumore postumo, espresso tramite seduta spiritista. Ma vogliamo parlare dei democratici? Quante critiche raccoglie fra gli iscritti la linea ondeggiante di Bersani? Basta aprire le cronache locali per scoprire che c’è malumore in dappertutto, persino nei feudi più sicuri. Persino a Bologna, a Livorno, per non dire dei dintorni fiorentini. E alla festa di Milano non ci sono stati forse fischi e imbarazzi per Penati? A Genova non è forse stato contestato pure D’Alema? E vogliamo parlare dell’Idv? Quanti malumori ci sono per la candidatura del Cefalo, alias Cristiano Di Pietro, emulo del Trota? E quanti per la radicata gestione familistico-amorale di don Tonino il Molisano?
Epperò, niente: si parla solo dei malumori della ormai mitica «base leghista». La Lega vota compatta? Sì, ma la base leghista non è contenta. Bossi e Maroni vanno d’accordo? Sì, ma la base leghista protesta.

Ieri sera, per dire, c’erano almeno dieci feste della Lega Nord, da Casalpusterlengo a Brescello, da Moncalieri a Sotto il Monte: vi immaginate quante salamelle con patate e malessere sono state cucinate dalla base leghista? Quanto mugugno mescolato con la polenta? Quanta birra innaffiata di lamentela? Sono sicuro che c’erano almeno una dozzina di inviati di tv e giornali, scatenati sul campo, pronti a raccogliere l’esempio illuminante per poi dispensarci a rate la loro preoccupazione per il mal di pancia della base leghista. Per carità: il mal di pancia va curato, avanti con il maalox e ampie dosi di bicarbonato. Ma, problemi gastrici per problemi gastrici, siamo sicuri che nel frattempo qualche altra base non stia morendo di dissenteria?

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