A parte i partiti che ormai sono partiti completamente di testa, pare che i partiti nuovi siano tutti già partiti alla volta del futuro. Con l’ormai sicura nascita del partito finiano, si consolida quello che è a tutti gli effetti un fenomeno epocale: la grande fuga dal presente.
Basta rileggere gli avvenimenti degli ultimi mesi: un fuggi fuggi generale. Prima ancora di pensare alla scissione vera e propria, Fini e i suoi fedelissimi battezzano “Futuro e libertà”. Poi entra in scena Montezemolo, che manco a dirlo pensa all’”Italia futura”. Persino la dispora dell’Udc si conclude con la nascita di un nuovo nucleo molto avveniristico: “Popolari per l’Italia di domani”.
Che è, l’oggi ormai non interessa più a nessuno? Oppure è così spaventoso da consigliare il passaggio diretto alla prossima vita? Diciamolo: se il presente fosse normale e tranquillo, tanta propensione verso il futuro avrebbe una logica spiegazione. Ma purtroppo non è così. Lo vediamo tutti: avremmo bisogno di tante idee e tanto lavoro qui, ora, adesso. Sarebbe molto utile e sensato che nascessero formazioni del tipo Pio (Partito per l’Italia di Oggi), o Pia (Partito per l’Italia di Adesso). Invece non c’è verso: sono tutti indaffarati per il futuro.
Voglio confessarlo: questo futuro già così affollato comincia ad apparirmi molto meno affascinante. Sarà che il presente sembra ancora così pressante, sarà che questa smania di guardare avanti sta diventando una moda stanca e banale, sarà che non mi affascina per niente l’idea di ritrovare domani certe facce di oggi: resta il fatto che di questo futuro comincio già ad essere stanco, prima ancora di arrivarci.
Quel teorico della Rupe Tarpea
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