nostro inviato a Sakhir
Ci fu un tempo in cui la Formula uno era roba da uomini veri sia in pista che fuori. Un tempo in cui un tipo come Enzo Ferrari, che aveva qualche conto in sospeso con un colosso come lAlfa Romeo, poteva coraggiosamente tentare lavventura nelle corse pur di togliersi certe soddisfazioni. Ci fu un tempo ma non cè più. Oggi, sessantanni dopo, un tipo tosto come lEnzo di cui sopra, per approdare in F1 convinto di non farsi pirlare dalla concorrenza, avrebbe giusto un paio di chance. La prima: vincere al superenalotto dopo otto mesi che il 6 dà buca; la seconda: convincere, Dio solo sa come, una Casa automobilistica ad accompagnarlo nellimpresa. Troppo alti i budget, troppi i soldi, le centinaia di milioni necessari per limpresa. Per rendere lidea, si vocifera che la Ferrari abbia un budget di oltre 300 milioni di euro, e come lei tutti i big team; duecento la Red Bull, 150 la Brawn Gp grazie al lascito Honda; un centinaio Cenerentole come Toro Rosso e Force India.
Ci fu un tempo, parliamo dei Cinquanta e Sessanta, massì, anche Settanta e un briciolo di anni Ottanta, in cui Jack Brabham poteva tentare la sorte come pilota e al tempo stesso costruttore; e con lui John Surtees, Mike Hailwood. Nei Settanta, persino Arturo Merzario riuscì a farsi un team. E con loro, manager, avventurieri e imprenditori appassionati.
Ciò che Ecclestone e Mosley cercano di fare adesso con la battaglia sul tetto agli investimenti (33 milioni, lo ricordiamo) è di abbassare i costi per aprire le porte. E che la ricetta, in prospettiva, possa avere successo lo dimostrano certi numeri e certi commenti. Laltro giorno Mosley ha fatto sapere che in attesa ci sono almeno otto team; non solo: Aston Martin, Lola e UsGp (il team a stelle e strisce) sono già pronti ai blocchi di partenza per il 2010; non solo: Giancarlo Minardi ve lo ricordate? da settimane fa capire che se la F1 ritornasse quella accessibile di una volta «quasi quasi...». Non solo: ora, alla lista di quelli che sognano una squadra nel Circus, si aggiunge anche Todt.
Nel senso di Nicholas, il figlio 32enne di monsieur Jean Todt. Dopo quello di Brawn, un altro cognome pesante legato alla Ferrari e pronto nel futuro a scendere in pista. Certo, qui si tratta dellerede del grande capo della Rossa schumacheriana, ma Todt junior - che oltre ad essere il manager di Felipe Massa possiede dal 2005 il team Art di cui è socio con Frédéric Vasseur - in F3 e in Gp2 ha vinto e stravinto, scoprendo talenti. Nellambiente dicono che sia bravissimo, che rispetto a certi colleghi figli di grandi padri, abbia lumiltà di chiedere se non sa e di ascoltare. Soprattutto ascoltare. Fatto sta, deve aver imparato benino, visto che di successi ne ha inanellati parecchi. Dal suo team in F3 è passato Vettel, da quello di Gp2 sono transitati, vincendo, sia Rosberg che Hamilton, per cui è presto detto. Per cui va preso sul serio se alla rivista specializzata «Gpweek» dichiara: «Ovviamente quando fai questo lavoro sogni sempre la F1, ma il salto è troppo grande... Però ho sempre detto che se nel Circus saranno in grado di ridurre i costi in modo drastico, visto che la F1 è sport e passione ma deve anche generare profitti, allora potrei farci un pensiero». Ancora: «E se ci vado con la mia squadra, non lo faccio per sopravvivere e basta, voglio far bene sia a livello di risultati che in termini economici...».
Brawn Gp, Todt Gp, a quando la Schumi Gp? Nomi e pezzi gloriosi della Rossa sparsi dappertutto... Meglio non scherzarci troppo...
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