Tutti spiati dal Grande fratello

Arturo Diaconale

C’è un giallo Telecom che riguarda il suicidio di Adamo Bove, il responsabile della Security governance del gruppo. E si tratta di un giallo importante, visto che i magistrati che indagano hanno aperto un’inchiesta per «istigazione al suicidio» e i giornalisti che fiancheggiano le indagini della Procura di Napoli ipotizzano apertamente che ad indurre il funzionario a buttarsi dal cavalcavia della tangenziale napoletana siano stati agenti «deviati» del Sismi o della Cia. Quelli stessi che avrebbero partecipato al presunto rapimento del terrorista Abu Omar e sarebbero stati scoperti dalla magistratura milanese grazie alla collaborazione determinante dello stesso Bove.
Ma accanto a questo giallo attorno al «suicidato eccellente» ce n'è un altro di cui ben pochi parlano ma che ha dimensioni tali da ispirare non una semplice storia estiva di spie ma un affaire nazionale di devastante portata. Questo giallo riguarda l'intero sistema italiano di comunicazioni elettroniche che, a detta del Garante della privacy, Francesco Pizzetti, è talmente insicuro da costituire un motivo di allarme per l'intero Paese. Sempre secondo il Garante, infatti, la rete delle telecomunicazioni italiane richiede interventi di messa in sicurezza dopo che una serie di vicende di cronaca hanno messo in evidenza fenomeni come «il trattamento dei tabulati del traffico telefonico di ogni cittadino» e «l'intercettazione di comunicazioni in modo illecito senza l'autorizzazione del giudice».
Ogni italiano, in altri termini, è a rischio di intercettazione. O meglio, ogni italiano è di fatto intercettato. Sia perché i tabulati del traffico telefonico vengono conservati e possono essere utilizzati successivamente. Sia perché le strutture tecniche in grado di operare le intercettazioni non si limitano a svolgere l'attività richiesta legittimamente dalla magistratura (e già questo costituisce un fenomeno gigantesco, dato che riguarda una massa di oltre trecentomila italiani, per un costo superiore ai cinquecento milioni di euro) ma sembrerebbero operare anche in proprio o su commissione. Come un «Grande fratello» che tiene tutti sotto controllo. E che o utilizza a proprio vantaggio le informazioni riservate o le vende al migliore offerente.
Si tratta di esagerazioni, forzature, interpretazioni polemiche, magari suscitate in reazione delle tante vicende che hanno colpito l'immaginazione popolare proprio perché legate tutte dal filo rosso delle intercettazioni? Dal caso Fiorani al caso Ricucci, da quello di Consorte e delle Coop a Calciopoli, da Moggi ad Abu Omar ed al Sismi? I fatti sembrerebbero negare questa ipotesi. Vodafone ha recentemente chiesto a Telecom 525 milioni di danni per «illecito sfruttamento delle informazioni detenute». Il che starebbe a dimostrare, sempre che la richiesta di Vodafone venisse accolta dalla magistratura civile, che qualcuno dell'azienda di telecomunicazioni ha utilizzato a vantaggio dell'azienda stessa e a svantaggio dei concorrenti, tutti i dati in suo possesso derivanti dal controllo dei traffici di telefono, posta elettronica ed internet.
Al tempo stesso alcuni giornali notoriamente molto vicini alle Procure, nel seguire il giallo del «suicidato» Adamo Bove, hanno rivelato che il Sismi, prima di essere smascherato dall'attività compiuta dalla Digos milanese in collaborazione con lo stesso Bove, avrebbe chiesto aiuto «agli spioni della Telecom» (cioè sempre la struttura di Bove) in nome e per conto della Cia.
Ora sarà pur importante sapere se il povero funzionario della Telecom sia stato indotto al suicidio da qualche «barba finta» deviata. Ma, sicuramente, dovrebbe essere molto più importante denunciare il fatto che esiste una macchina privata che tiene sotto controllo tutti gli italiani. E si muove non solo in seguito a legittime richieste della magistratura ma anche sulla base di interessi privati non meglio identificati.
Una macchina che in mano a persone prive di scrupoli potrebbe trasformarsi in una fabbrica di ricatti dagli effetti micidiali.
Qualcuno ha rilevato che dopo la denuncia del Garante della privacy l'obbligatorietà dell'azione penale dovrebbe costringere la magistratura ad aprire un’inchiesta su questa spada di Damocle posta sulla testa della democrazia e dell'economia del paese.
Ma il giallo dell'estate è quello del «suicidato». I cinquantasei milioni di potenziali ricattati possono aspettare. Sempre che una accelerazione non venga causata dallo scontro tra Marco Tronchetti Provera e Carlo De Benedetti.

Alle volte, si sa, l'obbligatorietà dell'azione penale diventa più obbligatoria se s'intreccia con gli interessi di qualche «potere forte».

Commenti