Gianni Pennacchi
nostro inviato a Hammamet
Il tizio che in ogni grande albergo, camiciola bianca e berretto da guardiamarina sulle ventitré, saffanna a vendere il tour sulla nave dei pirati per 30 dinari a persona, metà prezzo i bambini ovviamente, convince facilmente questultimi mostrando le foto del veliero a motore, il teschio con le tibie incrociate, ciurma con pappagalli e bende sullocchio. Per catturare i genitori, spiega che oltre alla grigliata a bordo e il bagno al largo - hai visto mai, si potrebbe incrociare qualche delfino - lescursione offre la possibilità di navigare sopra un relitto italiano della seconda guerra mondiale, vedere la villa del presidente Ben Ali altrimenti chiusa ad occhi indiscreti, lambire le mura dellantico forte, e infine «monsieur, vous pouvrez voir la tombe du president Craxi». Quando poi finisci con limbarcarti sul Le Phénicien per la gioia di tua figlia, nel porticciolo turistico di Hammamet Jasmine, il giro sino alla costa di Nabeul passando davanti alla vecchia Hammamet è piacevole, ma la tomba di Craxi non la vedi neanche col binocolo. Dal mare è impossibile scorgere il piccolo cimitero cristiano sotto le mura della medina, sindovina a mala pena quello musulmano. Però la gita te lhan venduta ugualmente, e scopri così che la tomba del leader socialista è divenuta unattrazione turistica, come la passeggiata a dorso di cammello sino ad un improbabile villaggio berbero, o le sgommate in motoduna tra le sabbie del cimitero dei carrarmati. Sì, proprio quello scoperto dallo stesso Craxi, come racconta il figlio Bobo in Route El Fawara.
Sembrava una battuta ad effetto dei primi anni di commemorazione, tiepido gennaio sempre meno frequentato da socialisti e giornalisti fino a questultimo, pressoché disertato. E invece è successo davvero, a dispetto dei più fini osservatori che nemmeno se ne sono accorti: quella tomba bianca che grida «la mia libertà equivale alla mia vita» è divenuta una tappa obbligata per famiglie in vacanza e turisti, come la Bocca della Verità a Roma. Lagglomerato di grandi alberghi sorto a sud di Hammamet strabocca in questa stagione anche di italiani, perché far le vacanze in Tunisia costa molto meno (viaggio compreso) di qualunque spiaggia nostrana, anche la più sfigata. Qui poi cè pure il casinò, un parco giochi (mini Eurodisney di tutto rispetto che si chiama Carthagoland), addirittura il palazzo del ghiaccio con pista per pattinare, ogni albergo ha piscine vaste come laghi. E ad Hammamet cè pure la tomba di Bettino, come sa bene ogni italiano di qualunque credo. Vuoi che, una volta in vacanza qui, ci si lasci sfuggire loccasione di una visita? Dal mare non si vede, ma via terra ci si arriva facilmente. Ed eccoli, i nostri connazionali in vacanza, sfilare davanti a quella tomba rinfrescata da una siepe di mortella tra una foto sul dromedario e il giro al suk per lacquisto a 50 dinari di un coccio colorato che ne vale 5. Ad entrar nella storia anchessi, lasciano un segno del loro passaggio firmando il quadernone che il fedele Camel da cinque anni pone sul leggio lì accanto ogni mattina e ripiega al tramonto. Il 5 luglio, pagine aperte a caso, si contano 56 firme. Il giorno prima 59, compresa quella di Giuliano Ferrara - «con affetto» - di passaggio in barca. Inspiegabilmente le firme sul registro come i pulmini e i taxi saffollano in particolare ogni venerdì: come se quello fosse il giorno concordato tra i tour operator per lescursione al cimitero.
Di curiosità e turismo si tratta, più che di pellegrinaggio. Perché accanto ai pensierini e messaggi positivi, addolorati e di rimpianto - gli unici ad esser vergati nei primi quadernoni conservati da Anna Craxi - ora fioriscono liberamente anche quelli contrari. Accanto ad un «sei stato un grande uomo e un grandissimo politico, non ti dimenticheremo mai» firmato dalla Famiglia Bellesini Barone coi piccoli Alberto e Francesco che han voluto vergare il loro nome stentato, cè pure un «dopo tutti i soldi che ciai fregato sempre dò fossu sei cascato». Prima di un pietoso «riposa in pace, non lo auguro a Di Pietro», viene il secco «un italiano che ha pagato per gli altri ladri come lui». Abbondano i «grazie per tutto» e «un fiore da zio Alberto», ma non mancano gli irridenti «forza Juve». Le frasi cattive vengono spesso cancellate dal visitatore successivo e più pietoso, ma chi condanna ancora Craxi non teme di firmarsi. «Le cose sporche è bene che rimangano fuori Italia», ha scritto un signore; ed unaltra penna, con tanto di freccia indirizzata inequivocabilmente alla firma, commenta e stigmatizza: «Gran cornuto».
Dunque la memoria di Craxi divide ancora.
Gianni Pennacchi
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