Una volta si chiamava ministero del Tesoro, ed era un nome che rendeva ancora meglio il senso della sua funzione: è qui che si allargano o si stringono (ultimamente soprattutto si stringono) i cordoni della borsa dello Stato. Si tratta di una macchina poderosa, con più dirigenti di Palazzo Chigi. Quelli di seconda fascia sono oltre 500, qui ne pubblichiamo solo una metà. Bisogna poi tenere conto che il ministero guidato da Giulio Tremonti, che oggi si chiama dell’Economia e delle Finanze, ha anche un’articolazione «esterna» assai complessa e ramificata. A partire dalle quattro agenzie fiscali: Entrate, Demanio, Dogane e Territorio. L’elenco dei dipendenti è un libro di seicento pagine. E tuttora dal ministero dell’Economia dipende l’amministrazione dei monopoli di Stato, per capirci l’autorità che gestisce o controlla giochi e lotterie. Ma non solo: il dicastero di Tremonti ha anche una lista di 35 partecipazioni in aziende pubbliche e no (come Enel e Ferrovie dello Stato). Come si gestisce uno snodo così fondamentale della vita dello Stato? Anche con una miriade di dipendenti e dirigenti, oltre che con decine di consulenze. Forse non deve sorprendere più di tanto che il ministero dell’Economia e delle Finanze abbia a libro paga i due burocrati meglio retribuiti dell’intera pubblica amministrazione.
Vittorio Grilli, il direttore generale, arriva a 518.000 euro. Mario Canzio, il Ragioniere generale dello Stato, a fine anno riesce a portare a casa circa 516.000 euro.
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