Tutti gli uomini dell’ex presidente Bill per vincere la sfida

Da McAuliffe, «cacciatore di soldi», a Carville, stratega delle campagne presidenziali. Nella squadra c’è la vecchia guardia clintoniana

Nella terra di Hillary ci sono porte chiuse. Riunioni e vertici. Parlano tutti. Seduti attorno a un tavolo, gli uomini di Bill, quelli del partito democratico e quelli della signora. È affollato, lo staff della prima donna che può arrivare alla Casa Bianca. È una struttura rigida che assomiglia a lei: l’ha cominciata a costruire dal 1996, quando uscì dall’ala Est del 1600 di Pennsylvania avenue con l’idea fissa di rientrarci un giorno dall’ala Ovest. Si parla a turno. Hillary aspetta: non decide mai da sola. Prima di arrivare alle parole di ieri, prima di dire che corre per vincere, prima di andare all’attacco dei rivali democratici e poi di quelli repubblicani, il suo staff è andato in giro a sentire l’aria che tira. Da New York a Des Moines, la città d’esordio delle primarie. Poi Manchester, seconda tappa della marcia d’avvicinamento alla nomination. Le tre aree del cervello politico dell’ex first lady combattono tra loro e arrivano a una conclusione.
La locomotiva che traina la baracca della senatrice ora viene guidata dalla vecchia guardia dei Clintoniani. Sono gli uomini di Bill. Si comincia direttamente da lui, l’ex presidente che la moglie prima ha cercato di isolare, poi ha richiamato. Avevano deciso: vita pubblica separata. Si incontravano di nascosto, come due amanti. Era un piano politico: lei desiderava prendere le distanze. Pensava che da candidata alla Casa Bianca, il marito ingombrante avrebbe potuto essere uno svantaggio. Voci e ricordi. Monica. Poi la storia è cambiata: l’ex presidente è comparso all’improvviso. Nelle foto, alle feste, ai comizi. Più vicine le elezioni, più presente lui. Adesso Hillary non lo vorrebbe, ma sa che senza il marito rischia. È il suo parafulmine. E lei ha bisogno di qualcuno che cominci a riempire le buche. Che l’America non ha ancora deciso se è pronta per Hillary. Va bene? Non va bene? Può vincere? Allora ecco i sondaggi: oggi la Clinton batterebbe di un solo punto John McCain e perderebbe con l’altro potenziale candidato repubblicano, Rudy Giuliani. Ecco perché le serve Bill. Dà sicurezza, può evitare che a pioggia arrivino le pillole di anti-hillarismo che cominciano a intravedersi all’orizzonte. Qualcuna è già caduta. Le hanno già fatto capire come saranno i prossimi mesi per lei: un match Hillary contro Hillary, in cui l’avversario più formidabile della ex First Lady è lei stessa. Il Washington Post ha fatto semplicemente notare che mai prima d’ora un politico è sceso in campo davanti a un pubblico che ha già un’opinione personale ben formata di lui. Lei è la prima e non parte avvantaggiata. Il carattere. Vedi il parere di Anna Shelley, elettrice democratica dello Utah pronta a mandare alla Casa Bianca un presidente donna, ma non Hillary: «Non la vedo come un essere umano. È troppo dura».
La senatrice deve combattere. Con lei c’è il nucleo dei giocatori dell’era di Bill. Uno è Terry McAuliffe, ex presidente del partito democratico e da sempre amico dei Clinton. È l’uomo dei soldi: la caccia ai milioni che serviranno da qui a novembre 2008 è nelle sue mani. E se è vero che questa sarà la campagna elettorale più costosa della storia americana, allora McAuliffe conta tanto. Poi c’è John Podesta, che era il capo dello staff alla Casa Bianca di Bill. Ora guida il Center for American Progress, un think tank, e comincia a gestire le uscite politiche della signora candidata. Poi ancora: Howard Paster. È il presidente della società di comunicazione Burtson-Martseller’s. Era il numero uno dei lobbisti della Casa Bianca al Congresso durante l’era clintoniana. Un altro è James Carville, principale stratega delle campagne presidenziali di Bill. Lavora da due anni alla candidatura della senatrice: è lui la mente di «Power of Hillary», una specie di manifesto pro ex first lady.
L’onda degli uomini di Clinton rischia di togliere spazio allo staff personale della senatrice. Forse farà meno politica Hillaryland, la squadra che segue la signora dal 1992. Lì ci sono Patti Solis Doyle. A 41 anni, la consulente numero uno della candidata alla Casa Bianca ha avuto sempre ruoli chiave nelle campagne elettorali per il Senato. La Doyle è anche la confidente di Hillary. La consiglia su tutto, compreso il trucco. È lei che ha studiato la nuova immagine della Clinton, prima delle elezioni del 2000: capelli più corti e aria più giovanile. Con Patti lavora Maggie Williams: anche lei era nel gruppo di consulenti della first lady 15 anni fa. È rimasta sempre con Hillary. Come Lorrain Voles, direttrice della Comunicazione al Senato per la Clinton.

È la voce, lei: «La Senatrice non vuole solo gente che lavori per lei, non vuole solo un approccio professionale. Vuole che ci si senta parte di una missione». Ha già creato lo slogan, Lorrain: portare alla Casa Bianca la prima presidente è una missione.

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