Tutto lo sport è paese Da Bologna ad Avellino la colpa è dell’arbitro

Guai allo sport i cui giudici meritino di essere giudicati. Parafrasando da un testo sacro si potrebbe dire che ogni avvenimento sportivo ci porta fatalmente nello stesso paese. Non esiste risultato sul campo, persino sulla pista, se bisogna valutare il tacco e punta dei marciatori, se si devono dare voti agli angeli del ghiaccio o degli anelli, che non sia contestato. La domenica che ci siamo lasciati alle spalle ha vissuto due momenti speciali dove, nel calcio e nel basket, erano impegnate le squadre campioni d'Italia che per questa loro supremazia sono sempre sospettate di non vincere perché sono davvero le più forti.
A Bologna l'arbitro internazionale Rocchi è stato travolto dai sui errori, per il Bologna a favore del Milan, per i milanisti a vantaggio dei rossoblu; ad Avellino Frank Vitucci, l'allenatore della squadra sconfitta nei supplementari dai campioni rimasti nel Montepaschi dimezzato dagli infortuni, ha inseguito i tre direttori di gara urlando la sua condanna: «Avrete questa gara sulla coscienza».
Per Rocchi nessuna pietà, a parte quella mostrata dal portiere di riserva del Milan Amelia che in pratica ha regalato il pareggio a Diamanti cercando di bloccare invece di respingere un bel tiro da fuori area. La gente era scatenata e non sono bastate neppure le parole di Allegri che considerava il suo Milan, con quel Pato da passerella alla Scala in smoking, colpevole quanto l'arbitro, che secondo lui aveva regalato pure il rigore ad Ibrahimovic. Sassi degli ultras, che non mancano mai perché giudicano gli altri partendo dalla loro incapacità di valutare gli errori che fanno ogni volta che vanno allo stadio per rovinare uno spettacolo berciando ed insultando, creando il panico che fa dire a molti giocatori: mio figlio non lo porterei mai in mezzo a certa gente.
Ad Avellino, dove l'anno scorso giocavano con un grande straniero che, però, aveva il passaporto taroccato facilmente individuabile da chi lo maneggiava ogni partita, se la sono presa con quelli di Siena e Moss è stato anche strattonato prima di poter correre nello spogliatoio.
Rocchi sarà sospeso, ma il giocatore che sbaglia continuerà la sua corsa. I direttori di gara che erano ad Avellino verranno magari fermati per qualche turno, ma nell'aria resta questa voglia di processo ad oltranza per chi è così solo là in mezzo al campo e non può decidere bevendo una tazza di caffè davanti alla moviola che tutto vede e condanna.
Sarebbe bello poter fare come in quel campionato di pulcini dove sono gli stessi giocatori a chiamare i falli, come nei campetti americani all'aperto dove solo il sangue diventa la prova di una carica subita.

Non sarà mai così e gli episodi di aiuto allenatori maltrattati nelle partitelle d'allenamento quando devono stabilire chi ha commesso un'infrazione dovrebbero bastare per farci diventare tolleranti, ma è altrettanto vero che i giudici devono essere liberi dal servo encomio e di poter fare il loro lavoro senza essere chiusi a chiave negli spogliatoi, come ci hanno spiegato bene quelli che mandavano gli arbitri a fare shopping senza limite di spesa, come ci rendono sospetti i giudici ospitati che poi fanno vincere le ginnaste di casa, i designatori che pasteggiano con lo champagne pagato dalle società più ricche.

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