Se attraversassi via Teulada come fa Lamberto Sposini per venirmi incontro, mi avrebbero già steso come una sogliola. Ma al suo cospetto auto e centauri si fermano in estasi. Alto e solenne, il bel Lamberto incede con la consapevole noncuranza del divo. Ha un gessato scuro, occhiali neri velati di mistero, un’aria complessiva da James Bond palestrato e un cincinin di autorevole sovrappeso. Uno splendido cinquantaseienne. Solo quando approda al bar dell’appuntamento, la circolazione si rianima davanti agli studi tv della Rai.
Sono le dieci di mattina e Sposini si è preso una parentesi. Era già al lavoro da un po’ per preparare la tre ore pomeridiana della sua trasmissione La vita in diretta su Raiuno.
«Sei tornato nella tv che conta dopo due anni in ombra. Euforico?», gli chiedo mentre sediamo a un tavolinetto all’aperto.
«L’euforia non fa parte delle mie categorie. Neanche le grandi depressioni. Vivo le cose come sono», dice e si toglie gli occhiali alla Bond. Ha il colletto bianco aperto e il fazzoletto in tinta nel taschino.
«Nel 2006 hai sbattuto la porta del Tg5 di cui eri vicedirettore per un contrasto politico-giornalistico col direttore Carlo Rossella. Sei un tipo rognoso?».
«Nel giornalismo ci sono regole da rispettare. Se c’è una notizia, va data. Soprattutto se è politica e si è sotto elezioni. Nel mio caso era la dichiarazione di un esponente della sinistra. Ho difeso questo principio e il direttore non è stato d’accordo. Così è finita», dice. È un tipo calmo ma puntiglioso.
«Finita come?».
«Abbiamo bisticciato. Il giorno dopo ho detto: “Mi prendo una settimana di ferie fino alle elezioni”. Poi non sono più tornato perché Rossella fece sapere che si era rotto il rapporto di fiducia».
«Te ne sei andato dando a Rossella dello “scribacchino di Buonaiuti”, ossia zerbino berlusconiano».
«Non l’ho mai detto».
«L’hai pensato».
«Non mi piaceva che un quarto d’ora prima del Tg5 arrivassero a Rossella telefonate improprie. Non si fa. Si può ascoltare l’interlocutore, ma non prendere indicazioni».
«Qual è il tuo giudizio su Rossella?».
«Spiritoso e divertente. Memorabili i suoi racconti sull’Avvocato e su Montezemolo. Sul piano professionale però, io che avevo vissuto la stagione di Enrico Mentana, mi sono trovato a disagio», dice compreso.
«Cioè?».
«Mentana in tredici anni di direzione ha detto no a tutti. Politici, imprenditori, attori. Una diga insormontabile. Si faceva solo quello che il tg aveva deciso di fare. Alla fine, non arrivavano neanche le telefonate della direzione aziendale. Finita l’epoca Mentana, tana libera a tutti».
«Te ne sei andato senza un posto di ricambio. Coraggio, rabbia o consapevolezza che altri ti avrebbero cercato?».
«Un po’ tutte e tre le cose. Pensavo di essere in mezzo a una strada per rispetto di me stesso, ma che avrei trovato altrove. Orgoglio ferito in attesa di essere soddisfatto. Ma era più una sensazione. Io non frequento salotti, tantomeno politici, ma solo persone lontane dal potere».
«I due anni di esilio sono stati frustranti. Collaboravi con piccole tv come TeleNorba o Video Calabria».
«Non mi sono vergognato. Ringrazio chi mi ha dato fiducia e mi ha fatto lavorare. Il lavoro è sempre nobile, ma deve corrisponderti. Io ho fatto cose minori che rispondevano ai miei criteri».
«Come non bastasse, sei stato picchiato e rapinato mentre rientravi di notte a casa», gli ricordo.
«Come dire: un periodo di merda... », ride.
«Per soprammercato, l’Ordine dei giornalisti ti ha sospeso tre mesi per un’intercettazione con Luciano Moggi».
«L’Ordine è anacronistico, non ne riconosco la validità e a due anni dal mio ricorso tutto ancora tace. Ma siamo iscritti e bisogna obbedire. Per me, però, che ho fatto del rispetto delle regole una ragione di vita, è stato un graffio che ha lasciato una cicatrice per sempre. Sono stato messo in croce come un furfante in combutta con altri furfanti. Mentre era una str..zata: parlavo di partite. Mi ha risarcito la solidarietà dei colleghi espressa con un’inserzione sui giornali», dice mentre uno sciame di televisivi in pausa dagli studi di via Teulada occupa il bar. Ci restringiamo. Lamberto ordina un caffè, io un Crodino con pistacchi. L’addetto mi guarda come fossi scemo e porta noccioline americane. Sgranocchiando, parliamo.
Ora sei di nuovo in auge con una trasmissione frivolotta - te l’ha rinfacciato Aldo Grasso - per un ex vicedirettore di tg.
«Un rotocalco di attualità. Me l’ha proposto il direttore della rete. Ho accettato con gioia. Non penso sia una diminutio, né che le sole cose serie siano la crisi economica. La vita è diversa. Tutto sta nel come si fa. Io lo faccio secondo la mia sensibilità e i miei filtri culturali».
Sei considerato un sale e pepe coi fiocchi. Chissà le avventure con quel po’ po’ di vamp che ospiti!
«Neanche mezza e non ci penso nemmeno».
Da Narciso fanfarone hai detto: «Non ho mai corteggiato. Non ho pazienza. O sono stato scelto o ho lasciato perdere».
«Sono stato baciato dalla fortuna. Abituato male, se vuoi. Ma sono effettivamente stato oggetto di accurate attenzioni. Forse, chissà, ho anche corteggiato».
Insomma, sei passivo.
«Al dunque, interagisco di buon grado».
Qual è il tg migliore?
«Il più sorprendente è il Tg2. Dà una lettura, sottolinea aspetti inediti. Gli altri, so sempre quello che diranno».
Il personaggio più televisivo?
«Fiorello. Ha una marcia in più. Fa un po’ tutto e bene. Recita, canta, balla, intrattiene, sa fare le interviste. Straordinario».
Il politico che più buca lo schermo?
«Tolto Berlusconi - discorso a parte perché la tv l’ha inventata e sa come utilizzarla - per chiarezza ed efficacia, i più dotati sono Maroni e Brunetta».
Uno che rende meno di quello che vale?
«Nel centrosinistra quasi tutti. I bravi sono antipatici, vedi D’Alema, o inguardabili come Prodi. La sinistra sconta anche in tv la pretesa superiorità che è la sua sventura. Pensano di avere la verità in tasca e sono supponenti. Straparlano di egemonia, ma chi sa comunicare è la destra».
Debutti come giornalista a "Paese Sera" e sei sempre stato di sinistra. Fino alla morte?
«Non voto da un paio di elezioni. Io sono per votare le persone e con questo sistema non si può. Ma anche con le preferenze mi asterrei. Non saprei chi votare e sono profondamente deluso dalla sinistra».
Vorresti condurre un talk show politico?
«Così come sono, mi interessa poco. Mi piacerebbe farne uno dal punto di vista della comunicazione. Prendi il governo Prodi. Al mattino Consiglio dei ministri, il pomeriggio ministri in piazza. Qual è il messaggio? Sublime in tv, ma invotabili».
Il tuo giornale (presenti esclusi)?
«Il Foglio, il Riformista, Libero. Danno una visione non scontata. Degli altri potrei disegnare le pagine in anticipo».
Il Cav, che combatti politicamente, ti ha stipendiato per lustri. Eri combattuto?
«Per nulla. Come editore è stato un modello, fino all’uscita di Mentana dal Tg5, nel 2003».
Lilli Gruber, tua collega quando eri al Tg1, ha lasciato l’Ue per la tv. Come Santoro. Perché si fanno votare?
«La politica è senza ritorno. Se ti fai eleggere, non puoi più fare giornalismo. La gente ti identifica in un certo modo».
Lilli la Rossa, per il suo ultimo libro, ha chiesto la prefazione al Cav. Gira col vento?
«Conoscendola, dubito salti il fosso. Il suo è senso di opportunità, non opportunismo. Se scrivessi un libro di un certo tipo, mi rivolgerei anch’io a Berlusconi. È da persone intelligenti che non sono schierate al limite del pregiudizio».
Il più bravo dei conduttori di talk show politici?
«Vespa, anche se è un cerimoniere. Ma sono tutti bravi i quattro Cavalieri dell’Apocalisse. La differenza è che Santoro e Floris parlano solo di politica perché, essendo indubitabilmente di sinistra, pensano di saperlo fare meglio. Il centrista Vespa e l’anarchico Mentana, senza quella formazione, né quella pretesa, si occupano anche di costume».
Degli emergenti, Antonello Piroso, Luca Telese, ecc., chi ti va a genio?
«Quelli che hai detto. Piroso ha un ego che arriva fino a Firenze, ma è bravo. Anche Telese, nonostante si veda che non è un televisivo. È questo, anzi, che mi piace. Sembra uno uscito dal bar che passa un momento in tv. Un’innocenza che paga».
Ci sono tizi che non intervisteresti per antipatia, distanza politica, ecc.?
«Intervisto tutti. È il mio mestiere».
Anche gli ingestibili, tipo Pannella, Sgarbi, Berlusconi o Cossiga?
«Sono quattro che in tv uno li vorrebbe tutti i giorni. Anche se vanno a ruota libera, sono provocatori stimolanti. Coi precisini dopo cinque minuti ti addormenti».
Con questa crisi, dove li metterai tutti i soldi che guadagni?
«Prendo meno di altri. In banca ho solo il mutuo per la casa in campagna. Ma sono preoccupatissimo per la crisi.
Ho finito. Torna a pavoneggiarti in tv.
«Non me ne frega niente della tv. Non aspetto che il fine settimana per correre in campagna. Come i metalmeccanici».
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