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Femminicidio e stalking in Italia: tra leggi, emergenza sociale e le voci degli esperti

Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, ha ripercorso gli ultimi casi di cronaca, partendo da una ragazza di Varese di appena 19 anni, lei invece sopravvissuta alla violenza, vittima di quello che sembra a tutti gli effetti un tentato femminicidio

Femminicidio e stalking in Italia: tra leggi, emergenza sociale e le voci degli esperti

Pamela Genini, Clelia Mancini, Luciana Ronchi, Manuela Petrangeli. E l'elenco è sempre più lungo. Il femminicidio è sempre più una piaga sociale. Una donna alla settimana perde la vita in Italia, vittima del proprio partner. Nonostante le istituzioni lancino appelli e sostengano progetti nelle scuole per coinvolgere le famiglie, la tragica statistica porta il numero di vittime da inizio 2025 a oltre 50. A uccidere, quasi sempre, un marito geloso, un ex partner che non si rassegna alla fine della relazione, un compagno al culmine di una lite. Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, ha ripercorso gli ultimi casi di cronaca, partendo da una ragazza di Varese di appena 19 anni, lei invece sopravvissuta alla violenza, vittima di quello che sembra a tutti gli effetti un tentato femminicidio. La giovane ha vissuto attimi di terrore, aggredita violentemente dall'ex compagno 45enne e malmenata all'interno della stazione, è riuscita a darsi alla fuga, salendo a bordo di un autobus ed è riuscita a dare l'allarme grazie a un messaggio inviato a un amico, che a sua volta ha avvisato le forze dell'ordine. L'uomo è stato bloccato e arrestato per atti persecutori, ma lo stalker è stato scarcerato dal giudice e sottoposto al divieto di avvicinamento alla vittima, indossando il braccialetto elettronico.

Guardando alle tristi statistiche degli ultimi anni, sono state 95 le vittime di femminicidio nel 2024, erano state 100 nel 2023, ancora 95 nel 2022 e ben 116 nel 2021. In totale, dal 2015, 1041 donne sono state uccise da partner ed ex, con una media di 100 vittime ogni anno. “Da tempo ci stiamo interrogando – ha detto l'avvocato penalista e criminologa Patrizia Giusti – ma noi operatori interveniamo quasi sempre dopo un omicidio o un femminicidio. Oggi assistiamo a una proliferazione di leggi quasi spasmodica, ma mancano interventi tempestivi. Quasi sempre si arriva quando è troppo tardi, ma è necessaria una riforma, perché si deve prendere atto che è un reato che non può non tenere in considerazione le condizioni in cui si trovano le vittime che non riescono a denunciare. L'assenza di denuncia rende alcuni reati non procedibili e non permette di attivare un efficace sistema di protezione.

La situazione è preoccupante sotto diversi profili. Il braccialetto elettronico non è sufficiente per tutti, poiché numericamente non bastano: il ministero si trova in difficoltà da questo punto di vista. Inoltre, una volta applicato, va attivato e bisogna rivolgersi a un operatore telefonico che dia la disponibilità e che consegni il dispositivo che dà l'allarme. In moltissimi casi abbiamo riscontrato che funzionano malissimo. E spesso, vittima e carnefice continuano a vivere nelle stesse zone, quindi la donna che ha denunciato è costretta a chiudersi in casa o a farsi scortare da altri familiari per uscire.

Questa misura è facile da violare ed è difficile anche l'intervento immediato, perché le forze dell'ordine sono oberate da altre urgenze, anche di codice rosso, e non possono essere sempre dietro l'angolo. Inoltre, sulle separazioni e sui divorzi, in questi casi noi avvocati dovremmo essere il primo deterrente per gli assistiti: spesso gli uomini vengono denunciati per fatti inesistenti e solo perché sollecitati dai legali delle mogli”.


“Il nostro obiettivo da esperti del settore – ha spiegato il criminologo Sergio Caruso – non è analizzare la punta dell'iceberg, ma il fenomeno sommerso. Tutto ciò che avviene è accomunato dal disturbo. C'è gente seriamente disturbata, con un esordio precoce già da adolescenti. Noi lavoriamo con le vittime, ma anche con gli autori del reato: 2 su 3 sono compromessi da un disturbo in essere, che poi andiamo a chiamare stalking o episodio violento. Se una persona invia 191 messaggi all'ex fidanzata, non è né gelosia né voglia di tornare insieme, ma è un disturbo ossessivo compulsivo. E la dipendenza affettiva è spesso il movente dei femminicidi. In tutti i casi, però, ci sono segnali di allarme: in molti casi già in età evolutiva, qualche donna ha dichiarato di essersene accorta durante il viaggio di nozze. Non bastano più le leggi, che devono essere pensate soprattutto a tutela delle vittime. Va bene il percorso rieducativo, bisogna provare a recuperare i maltrattanti quando c'è margine per recuperarli e rieducarli. Il discorso centrale è che ci sono uomini per i quali è possibile farlo, ma a certi livelli non è possibile ed è inutile nascondersi dietro un dito. Ci sono casi e casi. Bisogna capire se il recupero funziona o no, se ci sono precedenti e segnali eclatanti: allora, queste persone vanno fermate in sicurezza, portate in carcere. Tutte le donne che subiscono si accorgono della violenza, il problema è la paura di essere giudicate dalla mamma, dal papà, dalla sorella, dalla collettività. Lo stigma e il pregiudizio fanno male e bloccano il percorso di molte donne verso la denuncia. In tante non hanno la possibilità economica, ma c'è anche la dipendenza affettiva, a livello inconscio. Non tutte hanno gli strumenti per distaccarsi da questi contesti”.

Secondo Alessia Belgianni, sociologa e criminologa, “stiamo assistendo a tante tragedie che non ci fanno ben pensare; nonostante la prevenzione, il lavoro dei professionisti nelle scuole e nelle famiglie, si ripetono queste dinamiche. Il fenomeno di violenza va di pari passo con la povertà educativa, per questo bisogna intervenire. Prima delle leggi c'è l'essere umano. Che valore ha la vita umana se si arriva a uccidere per futili motivi? Sono temi molto forti che meritano attenzione. Altro tema è non sottovalutare le grida d'aiuto.

È vero che esistono denunce finte, fatte solo per screditare l'ex partner, ma la maggior parte delle volte vanno approfondite. La prima violenza è quella giovanile, che avviene tra minorenni. Un'emergenza c'è e sono convinta che la violenza giovanile e quella di genere non siano due fenomeni scollegati”.

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