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Tyson, il cane schiavo delle gang che per i giudici merita di morire

Usato in Inghilterra come inconsapevole arma in uno scontro tra bande Il padrone condannato al carcere, lui a morte. Ma l’Italia vuole salvarlo

Tyson, il cane schiavo delle gang 
che per i giudici merita di morire

L’Inghilterra è una piccola nazione, un puntino nel mare di cui tutto il mondo ha rispetto, per la sua storia millenaria di austerità, di serietà e di rigore morale. Parimenti a tutte le altre nazioni del mondo il Paese della Regina è percorso da grandi contraddizioni, a partire dall’ordinamento costituzionale, una monarchia parlamentare che ammette comunque l’esistenza di sudditi e sovrani. Sta di fatto che a questa monarchia, alla sua regina, ai suoi prìncipi, ai suoi lord e ai suoi baronetti, tutto il mondo, ancora oggi, s’inchina, nonostante battute e sorrisi a denti stretti, proprio quando si parla delle leggi e del diritto che spetta al suddito di Sua Maestà, the Queen. Prima nazione al mondo a istituire un ente per la protezione degli animali, è altrettanto famosa, nel mondo, per le sue leggi rigorose a tutela del benessere animale. Non solo leggi, come possono invocare altre decine di Paesi (nostro compreso), ma soprattutto sanzioni dure e certe per chi commette l’odioso reato di maltrattamento. L’Inghilterra è forse l’unica nazione al mondo dove, oltre alla pena (talvolta il carcere), inflitta per avere maltrattato animali, il delinquente deve aspettarsi l’inibizione per un certo periodo di tempo, se non a vita, a detenere qualunque forma di organismo vivente.

Il cane, in Gran Bretagna, è considerato ben oltre che un essere senziente. La sua considerazione raggiunge livelli molto vicini a quelli umani e così pure i suoi diritti e i suoi doveri, tanto che il magistrato può riconoscere in lui una «volontà» omicida e condannarlo a morte. È quel che sta succedendo a Tyson, uno staffordshire pitbull, usato come arma dal 22enne Chrisdian Johnson, per gettare al suolo Oluwaseyi «Seyi» Ogunyemi, un 16enne appartenente a una gang rivale, poi pugnalato sei volte dal suo rivale. È la prima volta che il test del Dna applicato al sangue di un cane approda in un’aula giudiziaria inglese, dove ha permesso agli inquirenti di far luce sull’omicidio del ragazzo e sulla partecipazione del cane. Infatti Tyson, durante la colluttazione, è stato a sua volta pugnalato e ha lasciato una striscia di sangue sul terreno del combattimento. Questo sangue, confrontato con quello del cane, poi catturato poco distante, ha accertato la sua presenza sulla scena del crimine e indirettamente quella di Johnson, permettendo di stabilire chi era l’assassino di «Seyi», oltretutto responsabile di avere pugnalato 9 volte un compagno di gang, poi sopravvissuto. Per il momento, a Johnson, il giudice ha comminato una pena di 24 anni. Non è tutto però, altrimenti non ci sarebbe la notizia. Un omicidio tra gang rivali in un quartiere malfamato di Londra, non muoverebbe altro che la penna di un cronista locale. Il magistrato invece ha destato la curiosità e l’indignazione di buona parte del mondo, condannando a morte Tyson, il cane. «Quando si mescola un cane da attacco con un pugnale - ha detto il giudice - questo è il risultato». E l’Inghilterra che riconosce al cane diritti «umani» altrettanto duramente lo condanna, fino alla pena di morte. «Tutti i sudditi piangeranno la morte di Geordie, che ha rubato sei cervi al re per amore, ma lui morirà, perché la legge non può cambiare», cantava Fabrizio nella famosa ballata. Così, sappiano i sudditi cosa succede a chi addestra un cane come un’arma. Pagherà lui e anche il cane.

Ora monta la protesta delle associazioni protezionistiche, mentre Carla Rocchi, presidente dell’italiana Enpa, si è detta disponibile ad adottare Tyson per salvargli la vita.

Vedremo se, a differenza di Geordie, oggi in Inghilterra trionferà il cuore sulla legge.

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