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Uccideva per alzare gli ascolti La doppia vita del conduttore tv

Il suo successo televisivo Wallace Souza l'aveva costruito sulla tempestività con cui catapultava i suoi redattori sulle scene dei crimini nello Stato brasiliano dell'Amazonas. Non c'era omicidio in cui i giornalisti del suo programma di inchieste tv “Canal livre” non fossero i primi ad arrivare. Spesso ancor prima della polizia. Lui si vantava dell'esperienza accumulata nella sua prima vita professionale da sbirro e sulle numerose talpe ben informate a disposizione. Ma il suo non era fiuto o mestiere.
Nessuno infatti poteva conoscere altrettanto bene quei delitti perché era lui stesso a commissionare gli omicidi. Almeno cinque per gli inquirenti che stanno indagando sul celebre anchorman. Assassinii dal doppio movente: da un lato per alzare gli ascolti del suo show in nome del dio audience, dall'altro lato per eliminare i concorrenti nel mondo del narcotraffico. Già, perché Souza è quello che si può definire un uomo dalle mille vite: prima poliziotto, poi conduttore tv, quindi deputato dello Stato amazzonico. Ma, secondo l'accusa, Souza, prima di tutto, era il capo spietato di una rete di narcotrafficanti. A impedirne l'arresto ieri è stata l'immunità parlamentare ottenuta con un seggio conquistato sulla lotta al crimine in uno degli Stati più violenti del Brasile. Altrettanta fortuna non ha avuto il figlio Rafael che è finito in manette per omicidio, traffico di droga e possesso illegale di armi.
In uno dei casi contestati, il giornalista era arrivato sul luogo del delitto mentre ancora non c’era traccia della polizia. A terra il corpo di un narcotrafficante carbonizzato. Il giornalista si era avvicinato al cadavere e si era lasciato sfuggire un «c'è puzza di barbecue». Questi erano i successi di “Canal livre”, sospeso l'anno scorso all'inizio delle indagini.
Il suo tempismo era per gli spettatori leggendario, per la polizia quantomeno sospetto. Sempre i primi sul posto. Un successo che gli aveva spalancato le porte del Parlamento statale. Il suo allontanamento dalla polizia sul finire degli anni Ottanta per sospetti su un suo coinvolgimento in un giro di carburante rubato e frodi era stato presto eclissato dai suoi strabilianti risultati in tv a colpi di audience da capogiro. Sul piccolo schermo, la sua figura nello studio che introduceva immagini esclusive di arresti e omicidi raggiungeva migliaia di case. Dietro le quinte però Souza era il deus ex machina, il regista che impartiva due ordini allo stesso tempo. Ai killer della sua banda l'anchorman ordinava di uccidere i concorrenti che davano fastidio sulla piazza. Alle sue troupe dava soffiate sui luoghi dove gli omicidi sarebbero avvenuti.
«L'ordine per le esecuzioni arrivava sempre dal deputato (Souza, ndr) e da suo figlio - ha spiegato Thomaz Vasconcelos, capo dell'intelligence della polizia statale - i quali poi avvertivano le troupe tv di raggiungere il luogo prima della polizia». Le accuse sarebbero supportate dalle testimonianze di diversi ex dipendenti di Souza coinvolti nel traffico di droga. «Io sono quello che ha lanciato inchieste parlamentari sulla criminalità organizzata, sul sistema carcerario, sui traffici di droga tra la polizia e sulla pedofilia», si è difeso l'uomo che ha parlato di complotti di nemici politici e trafficanti di droga infastiditi dal suo ventennale impegno contro il crimine in tv e in Parlamento.
Anche il suo avvocato, Francisco Balieiro, ha sostenuto che non ci sarebbe «nessun elemento di prova per tali accuse».

Il responsabile statale della sicurezza, Francisco Cavalcanti, non ha però dubbi: «In diverse occasioni hanno fabbricato i fatti e fabbricato le notizie».

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