Ucciso a pistolettate nella faida di famiglia

Il presunto omicida: «Volevo difendermi» Irreperibili i due fratelli della vittima

Alessia Marani

Finisce nel sangue la faida fra due famiglie di pregiudicati romani. Freddato da un colpo di semiautomatica alla schiena Andrea Bennato, 30 anni, un passato da rapinatore, sposato e con due bimbe di 3 e 6 anni, ucciso nella notte tra lunedì e martedì dallo zio, Mario Maida, 54 anni, al termine di una lite furibonda, sfociata in una sparatoria in strada. Dieci i colpi esplosi dalla 9x21 impugnata dall’uomo, originario di Catanzaro e titolare di un’officina in via di Torrevecchia, e almeno 5 quelli da una calibro 38 in possesso di due dei fratelli di Andrea, anche loro presenti alla rissa e la cui posizione è ora al vaglio dell’autorità giudiziaria. Tutto si consuma nel giro di un’ora tra via Bernezzo, via Refrancore e via di Casal del Marmo, alla borgata Ottavia. In via Bernezzo, Valentina, fidanzata di Davide, 28 anni, cugino di Andrea e figlio di Mario, si infuria con Francesca, fidanzata con uno dei fratelli Bennato, perchè per l’ennesima volta ha parcheggiato la sua auto di fronte al suo negozio di camicie. Le due ragazze si azzuffano, con loro c’è pure Davide. Poi ognuna torna a casa. È ormai mezzanotte. I Bennato, nel loro appartamento di via Refrancore, decidono di uscire per dare una lezione al cugino. La storia del parcheggio è solo la goccia che fa traboccare il vaso. I Maida da tempo ce l’hanno su coi Bennato. Per i loro «errori» (un quarto fratello è in cella per una rapina in banca) lamentano di ritrovarsi continuamente «la polizia fra i piedi». Ogni pretesto è buono per litigare. Come ricostruiscono gli investigatori della squadra mobile di San Vitale. Verso mezzanotte e mezza, i Bennato suonano al campanello dei Maida, al 748 di via di Casal del Marmo. Sono armati di spranghe e mazze da baseball. Bisogna dare al cugino una bella lezione e risolvere la questione «fra uomini». Invece di Davide, però, scende giù il padre, Mario che, «per sicurezza», si porta dietro la pistola. Già nell’82 aveva sparato contro un altro meccanico usando il fucile contro un furgone. «Sì ho aperto il fuoco - ammetterà di fronte al dirigente della sezione omicidi, Eugenio Ferraro - ma l’ho fatto solo per difendermi e non credevo che mio nipote fosse morto». I proiettili vanno a conficcarsi sul muro di cinta dell’abitazione, trafiggono il vetro di una finestra del seminterrato, alcuni dei bossoli vengono ritrovati sull’asfalto, un proiettile resta conficcato nel portone di casa dei Maida. Andrea, centrato alle spalle, cade a terra. Lo zio, sconvolto, scappa e si libera dell’arma gettandola in un piccolo canale d’acqua tra via del Quartaccio e via Boccea. È il fuggi fuggi. Arriva un’ambulanza, carica il ferito ma il trentenne morirà poco dopo, durante la disperata corsa verso il Policlinico Gemelli. Nessuna delle due armi è stata ancora ritrovata. «Abbiamo sentito esplodere dei colpi, le urla di quelle persone che gridavano tra loro. Poco tempo e tutte e due le famiglie erano in strada», raccontano alcuni residenti.

Per tutta la giornata di ieri, in Questura sono stati ascoltati familiari e testimoni. Mario Maida è in stato di fermo per l’omicidio, bisognerà confrontare la sua versione con quella dei due fratelli di Andrea che, ieri sera, erano ancora irreperibili.

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