Politica

Udc sull’orlo della crisi di nervi «Giovanardi lasci il governo»

Dopo l’intervista al «Giornale», gli uomini di Follini sfidano il ministro: si candidi segretario. La replica: la mia è la linea dell’ultimo congresso

Gianni Pennacchi

da Roma

Più che fibrillazione, è una crisi di nervi acuta e diffusa quella esplosa nell’Udc. Il ministro Carlo Giovanardi sprona il partito, ma ancor più il segretario, a venire allo scoperto, dire chiaramente «se la pensa come Casini o come Tabacci»? Ecco pronto Lorenzo Cesa, europarlamentare e folliniano di ferro, invitarlo a lasciare la «comodità» dell’incarico governativo e contendere a Marco Follini la segreteria. Il vicesegretario Mario Tassone predica che «la linea è una sola: niente strappi o rotture con la Cdl, recuperare il senso della coalizione»? Ecco Maurizio Ronconi che rilancia invece «la questione cattolica»: poiché nel centrosinistra i postdemocristiani sono anch’essi in sofferenza se non di più, tutti «i cattolici dovranno nuovamente schierarsi politicamente e anche in modo unitario». E poi Maurizio Eufemi che spara sulla finanziaria e alza il tiro per la legge sul risparmio, ancora il capogruppo Luca Volontè che avverte «non è possibile cacciare via» il governatore di Bankitalia Antonio Fazio e Bruno Tabacci che invece no, «prima se ne va e meglio è».
Grande è la confusione sotto il cielo postdemocristiano, ma è segno di vitalità, non c’è da allarmarsi. Persistono speranze e manovre per premere sul leader della Cdl affinché faccia un passo indietro, qualche duro e puro propugna ancora la corsa solitaria alle prossime politiche. Ma c’è davvero una divaricazione tra il presidente della Camera e Bruno Tabacci, con Follini che copre quest’ultimo, oppure è un gioco delle parti di scuola scudocrociata? Intanto, propiziato fortemente dal governatore siciliano Totò Cuffaro, si è svolto a Montecitorio un lungo colloquio tra Casini e Raffaele Lombardo. Sì, il vincitore di Catania che aveva rotto con Follini e l’Udc fondando un suo movimento autonomista. Par che Casini abbia quasi ricucito lo strappo: poiché in primavera insieme alle elezioni nazionali si rinnova anche il governo della Sicilia, l’Udc di Cuffaro correrà insieme al partitino di Lombardo, o comunque non ci sarà guerra.
Ma a dar fuoco alle polveri interne è stata l’intervista di Giovanardi, ieri sul Giornale. Cesa, l’altra voce di Follini, l’ha giudicata «inutilmente lesiva dell’unità del partito e inutilmente prona verso una interpretazione discutibile della coalizione di governo», per poi pesantemente lanciargli il guanto di sfida: «Se tuttavia la sua opinione è così diversa da quella del segretario del partito, lo invito a trovare il coraggio, che gli è mancato al congresso, di candidarsi alla segreteria e di condurre la sua battaglia politica all’interno del partito e non più comodamente all’interno del governo». Fuoco incrociato su Giovanardi, pure Tassone dice di «non capirne» le parole, «parla di lacerazioni interne al partito che non esistono e che sembrano invece costruite ad arte». Uscire dalla Cdl e andar da soli alle elezioni? Emerenzio Barbieri ricorda che s’è appena riunita la Direzione la settimana scorsa, e che «in nessuna sede democratica del partito è stato posto il problema che l’Udc vada da solo»; dunque, se qualcuno lo vuole, abbia il coraggio di formalizzare la proposta per «convocare un congresso straordinario».
Così ieri pomeriggio Giovanardi ha dovuto replicare ricordando di aver concorso anch’egli alla «conclusione unitaria» del congresso di luglio, dove «nessuno» ha proposto di uscire dalla Cdl «per partecipare da soli alle elezioni politiche». Qualcuno lo vuole adesso? Si convochi «un nuovo congresso». Ma non ce ne sarà bisogno, conclude Giovanardi, «perché i nostri alleati hanno corrisposto alle richieste da noi avanzate sulla legge elettorale proporzionale e sulle primarie».
Confidenzialmente, così un postdemocristiano spiega il disagio che tormenta l’Udc. «È che abbiamo vinto troppo, o forse niente»: perché non si può dir di no alla nuova legge elettorale che è stata formulata puntualmente sulle richieste dell’Udc. E «dobbiamo insistere a volere le primarie vere e serie», cioè una vasta e aperta consultazione popolare, «sapendo che Fini stravincerà su Casini».

Già, perché come dice il leader di An, alle primarie «le suore non votano, i militanti sì».

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