Roma - La correzione del disavanzo pubblico presentata nel Dpef «non è all’altezza degli obiettivi» fissati nel Patto di stabilità. Difficilmente, perciò, l’Italia potrà rispettare l’impegno di portare in pareggio il bilancio nel 2010. Così, con parole nette, il commissario europeo Joaquin Almunia esprime la delusione e soprattutto la preoccupazione di Bruxelles per i conti del nostro Paese. Non solo. Almunia vincola le misure sulle pensioni al rispetto dei conti: no, dunque, a nuovi costi previdenziali che pesino sulla finanza pubblica.
In una conferenza stampa al termine della riunione del consiglio Ecofin a Bruxelles, il commissario europeo all’Economia ha spiegato i motivi dei suoi dubbi: «Sulla base degli ultimi accordi fra governo italiano e parti sociali, il deficit 2007 arriverà al 2,5% mentre le nostre cifre dicono che dovrebbe essere al 2,1%. Quindi - aggiunge Almunia - lo sforzo correttivo per rimediare al deficit non è in linea con il Patto e con le decisioni del Consiglio. Raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2010 - conclude - se non impossibile, sarà molto difficile».
La differenza fra il 2,1% e il 2,5% di deficit, sottolineata da Almunia, è rappresentata dai 6,5 miliardi di euro del tesoretto destinati alle pensioni minime, agli ammortizzatori sociali e alle spese Fs, Anas e così via, contenute nel decreto su cui il governo si prepara, a quanto sembra, a chiedere il voto di fiducia alla Camera dei deputati.
Lo stesso Padoa-Schioppa non può che confermare le preoccupazioni, espresse personalmente dal commissario europeo durante un faccia a faccia in una pausa del consiglio Ecofin. Timori che sono stati messi in luce anche da parte del presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, e da numerosi ministri finanziari europei. «L’Italia - ammette Padoa-Schioppa - ha ribadito, come già in aprile, che non può impegnarsi ad anticipare il pareggio di bilancio nel 2010 dal 2011». Insomma, «l’Italia fa meno dei primi della classe» visto che l’extra-gettito non è utilizzato per intero al miglioramento del disavanzo. Per Padoa-Schioppa, comunque, non sono necessarie manovre correttive né per quest’anno né per il 2008, tuttavia bisognerà trovare copertura a eventuali maggiori spese. Quanto al nodo delle pensioni, il ministro dell’Economia conferma che in Europa vengono considerate «anomale» alcune particolarità italiane come i pensionamenti anticipati e la forte differenza nell’età pensionabile fra uomini e donne. In ogni caso, osserva Padoa-Schioppa, Almunia chiede all’Italia di muoversi all’interno delle previsioni di spesa previdenziale, «e questo è anche un punto fermo del governo, che si sta muovendo in tale direzione». In realtà, ogni modifica dello «scalone» costa, e non sembra che analoghi risparmi possano essere reperiti all’interno del bilancio della previdenza.
Né da parte dell’Ecofin né da parte della Commissione è giunto alcun richiamo ufficiale nei confronti del nostro Paese perché, come sempre, l’Europa attende di vedere la prossima legge finanziaria, a fine settembre. Il Dpef è un documento preparatorio, anche se importante. Padoa-Schioppa parla anche di «comprensione» nei nostri confronti. Non sembra, in realtà, molto comprensivo il ministro delle Finanze belga Didier Reynders che vorrebbe un’Italia «sotto sorveglianza». Al nostro ministro dell’Economia, afferma il tedesco Peer Steinbrueck, «serve il sostegno dell’Ecofin per far capire che il rispetto del patto di stabilità è anche nell’interesse degli italiani». Più diplomatico il presidente di turno dell’Ecofin, il portoghese Fernando Teixeira Dos Santos: «Il ministro italiano ha ammesso che potrebbe essere difficile rispettare l’obiettivo del pareggio nel 2010, ma ha aggiunto che Roma farà il possibile per rispettare gli accordi».
I risultati negativi della due giorni di Bruxelles provocano strascichi polemici in Italia. A sinistra c’è fastidio per i rilievi critici di Almunia; e lo stesso ministro del Lavoro Cesare Damiano sostiene che «al risanamento della finanza pubblica si è già provveduto lo scorso anno, mentre ora dobbiamo migliorare lo Stato sociale».
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