Ue-Liechtenstein, salta l’intesa Tremonti attacca l’euroritenuta

Passi indietro, al vertice Ecofin, sulla collaborazione contro le frodi fiscali e la lotta all’evasione internazionale: Austria e Lussemburgo fanno saltare l’accordo tra Unione europea e Liechtenstein, un accordo-pilota che avrebbe rappresentato il modello per successivi negoziati con Andorra, Principato di Monaco, San Marino e Svizzera. Non solo: salta anche, per l’opposizione britannica, il via libera alla riforma della vigilanza Ue sui mercati finanziari, mentre Giulio Tremonti denuncia che l’euroritenuta sui capitali investiti dall’estero viene «sistematicamente evasa».
Gli interessi particolari di alcuni Paesi europei hanno dunque prevalso, costringendo il Consiglio dei ministri economici e finanziari a rinviare i due dossier a dicembre. Austria e Lussemburgo, dove vige un rigido segreto bancario, hanno detto «no» all’accordo per lo scambio di informazioni in materia fiscale. Insieme con il Belgio, i due Paesi non forniscono informazioni automatiche sui redditi dei non residenti, ma si limitano a tassarli alla fonte con la cosiddetta «euroritenuta». Una direttiva europea del 2005 stabilisce che, una volta raggiunti accordi con «paradisi» come Svizzera, San Marino, Monaco, Andorra e Liechtenstein, i tre Paesi dovranno abbandonare il segreto bancario.
È dunque chiara la strategia: rinviando l’intesa con il minuscolo Principato, Austria, Lussemburgo e Belgio ritardano l’«apertura» dei loro forzieri bancari alle richieste di informazioni dall’estero. E siccome tutte le decisioni fiscali in Europa devono essere prese all’unanimità, il gioco è stato abbastanza facile. La discussione è stata rinviata a dicembre. Critico il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: «Siamo stati sempre contrari all’euroritenuta, compromesso di scambio con il segreto bancario - afferma al termine del vertice -: il punto vero è che questa forma di tassazione viene sistematicamente evasa, i gettiti non corrispondono alle grandezze economiche di comune consenso». E davanti alla minaccia di «ritorsioni» svizzere contro l’applicazione dello scudo fiscale, Tremonti taglia corto: «Non sono ipotesi contenute nei trattati. Quando la Svizzera entrerà nell’Eurogruppo - aggiunge ironico - sarò molto contento».
La «fumata nera» in campo fiscale ha contagiato la trattativa sulla riforma della vigilanza europea e il negoziato sugli aiuti ai Paesi in via di sviluppo per il contrasto ai cambiamenti climatici. Londra resta scettica sull’autorità di vigilanza europea, e saranno necessari altri negoziati politici per appianare le divergenze. E così, tutto rinviato a dicembre. I ventisette ministri finanziari europei raggiungono invece un’intesa di massima sulla exit strategy dalle misure eccezionali varate per tamponare la crisi economica e finanziaria. Se le prossime previsioni della Commissione Ue di inizio novembre, confermeranno che la ripresa si sta rafforzando, «il consolidamento delle finanze pubbliche dei Paesi Ue dovrà partire al più tardi nel 2011». Incominceranno per primi i governi che hanno i maggiori problemi di bilancio. «Partono prima i Paesi che stanno peggio - spiega il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli - cioè quelli che hanno i deficit più elevati».

Dunque Gran Bretagna (12% del pil), Grecia e Irlanda (10%), Francia (8,5%). «La ripresa resta fragile - conclude tuttavia l’Ecofin - e non è ancora il tempo per ritirare il sostegno all’economia e al settore finanziario».

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