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Ue pronta a mettere in mora l’Italia su Autostrade-Abertis

Le parole di Prodi non convincono Bruxelles. Di Pietro prende le distanze dal premier: «Semaforo verde? Non vuol dire nulla»

Laura Verlicchi

da Milano

Sul caso Autostrade vigilia nervosa in attesa delle decisioni della Commissione europea, pronta a mettere in mora l’Italia per lo stop alla fusione con Abertis. Il premier Romano Prodi e l’ormai famoso «semaforo verde» non hanno convinto Bruxelles, che esige un documento ufficiale: una lettera in cui l’Anas dichiari senza mezzi termini che le nozze tra le due società possono avvenire subito. La missiva non è arrivata e oggi quasi certamente il commissario per la Concorrenza, Neelie Kroes, invierà al governo italiano una «valutazione preliminare», prima tappa della procedura d’infrazione, a cui l’Italia dovrà rispondere entro dieci giorni.
A dar ragione, implicitamente, a Bruxelles è del resto lo stesso ministro alle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, spazzando via il «semaforo verde» acceso da Prodi. «È un’affermazione che dice tutto e non dice nulla, anzi, non dice nulla» ha detto ieri ai giornalisti. Aggiungendo: «La fusione è un fatto privato, c’è bisogno di riscrivere la concessione in modo più equo per il consumatore». E pazienza se saltano i tempi previsti per l’operazione. «Questa idea che le società private si danno un termine e mettono in mora lo Stato non esiste proprio. Noi non abbiamo imposto un termine e non ci può essere posto. Questi se la cantano e se la suonano da soli», conclude sprezzante Di Pietro. La Borsa prende atto e il titolo Autostrade, che lunedì era salito dell’1,5%, chiude in calo dell’1,7 per cento.
Sono proprio le concessioni, infatti, il nodo decisivo: senza di esse, la fusione perde interesse, dato che Autostrade si riduce praticamente a una scatola vuota. L’ha spiegato chiaramente Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Autostrade, illustrando i motivi per cui non intende presentare una nuova domanda di autorizzazione, come richiesto dal ministro alle Infrastrutture e dall’Anas. «Non siamo in grado - ha detto - di chiedere una nuova autorizzazione che comporterebbe il passaggio immediato dalla convenzione in vigore, di cui sappiamo tutto, a una nuova della quale non si sa nulla. Fino a quando non saranno note - ha proseguito Gros-Pietro - le linee della nuova convenzione gli amministratori certamente incorrerebbero in una grave responsabilità se presentassero una domanda che comporta automaticamente l'ingresso in un nuovo regime di cui non si sa nulla».
Oltretutto, ha aggiunto, «noi una domanda l’abbiamo già fatta ed è stata respinta per motivi di legittimità che ora non esistono più, quindi noi riteniamo che quella domanda sia ancora ufficiale». Quanto al rispetto dei tempi per la fusione, previsti entro fine anno, «ci proviamo», ha concluso Gros-Pietro.
Ancora da risolvere, intanto, la questione del tetto del 5% al diritto di voto dei costruttori, imposto dal decreto collegato alla Finanziaria.

Bruxelles ha già espresso la sua contrarietà e il ministro per le Politiche europee, Emma Bonino, ha ribadito per l’ennesima volta che la norma va modificata. Per ora, però, il decreto resta, in attesa che si pronunci definitivamente il commissario Ue al Mercato interno.

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