Mondo

Ue, il sì dell’Irlanda al Trattato di Lisbona apre la strada a Blair

Ieri referendum a Dublino: risultati definitivi solo oggi ma sondaggi concordi. Superato l'ostacolo irlandese solo Repubblica Ceca e Polonia devono ancora ratificarese, solo Repubblica Ceca e Polonia devono ancora ratificare

Ue, il sì dell’Irlanda  
al Trattato di Lisbona  
apre la strada a Blair

Londra - L’Europa attende con il fiato sospeso la risposta dell’Irlanda al Trattato di Lisbona. Per tutta la giornata di ieri tre milioni di irlandesi sono tornati alle urne per decidere se accettare o meno la nuova Costituzione europea. I primi risultati verranno resi noti appena oggi nel tardo pomeriggio, ma quello che è certo è che la gente non si è lasciata troppo entusiasmare da un quesito che tiene sulla corda l’intera Comunità europea. Nel pomeriggio di ieri l'affluenza ai seggi, aperti fino alle 22, era rimasta molto bassa, raggiungendo una media di appena il 15 per cento nelle sei maggiori costituenti. Dopo il secco «no» del 12 giugno del 2008 che vinse con una percentuale del 53,4%, i sondaggi questa volta sembrano favorevoli al fronte del «sì», dato in vantaggio con una percentuale tra il 55 e il 59%. Con maggioranze così risicate è però come sempre il partito degli indecisi a dire l’ultima parola quindi, qualsiasi sia il risultato finale, nessuno si attende un divario significativo tra i sì e i no.
Se dovessero prevalere i primi, la ratifica del trattato sarebbe già cosa fatta dato che soltanto altri due Paesi, la Polonia e la Repubblica Ceca, devono ancora esprimersi in merito e lo faranno guardando al responso delle urne irlandesi. A gongolare per la vittoria del sì sarebbe anche l’ex primo ministro britannico Tony Blair che, secondo il Times, si avvierebbe a diventare il primo presidente europeo subito dopo un responso positivo dell’Irlanda. Fonti vicine all'ex premier hanno rivelato al quotidiano che il presidente francese Sarkozy guarderebbe con favore alla candidatura di Blair e sarebbe riuscito ad ammorbidire anche la posizione del primo ministro tedesco Angela Merkel, in passato fortemente contraria a questa soluzione. Fino a ieri la Merkel riteneva che a capo dell’Unione dovesse venir eletto un rappresentante di un Paese europeo che avesse aderito in toto all’Unione, scegliendo l’euro come valuta nazionale. Non essendo questo il caso della Gran Bretagna, la Germania non intendeva lasciare proprio a Blair lo scettro del comando. Sempre secondo il Times, però, la diffidenza attorno al suo nome potrebbe allentarsi qualora a Francia e Germania venissero garantiti dei posti di primo piano nella nuova Commissione europea.
In Germania ancora nessuno è disposto a sbilanciarsi su una possibile inversione di tendenza della Merkel e c’è chi ritiene che Sarkozy sarebbe intenzionato a votare a favore del collega inglese nel prossimo summit del 29 ottobre, ben sapendo che la Merkel potrebbe rovinare l’intesa. Blair, dal canto suo, pur avendo il sostegno del governo londinese, si guarderà bene dal mettersi ufficialmente in lizza per il posto se non sarà certo di avere già la vittoria in tasca. Piacevolmente gravato da altri prestigiosi incarichi, non ha intenzione di rinunciarvi, a meno che qualcuno non gli offra un ruolo ancora più importante. È ovvio che la presidenza europea fa gola all’ambizioso ex leader laburista, tanto quanto spaventa il capo dei conservatori britannici David Cameron, in forte difficoltà sulla questione europea. Se dovesse vincere, come possibile, le prossime elezioni politiche dopo la ratifica, difficilmente Cameron sarebbe disposto a indire un referendum in materia.
«Questo significherebbe - spiegava ieri il Times - dover rinegoziare le relazioni con l'Unione, ma dover trattare con una comunità presieduta da Blair sarebbe molto difficile per i conservatori e l’ipotesi preoccupa sempre più Cameron». Tra le altre candidature figurano quelle del lussemburghese Jean-Claude Juncker, visto di buon occhio soprattutto dalla Merkel, e quella dello spagnolo Felipe Gonzalez, proposto al ministro tedesco da quello francese Sarkozy nel corso di un incontro privato. Sembra però che quest'ultima ipotesi non abbia trovato un consenso poiché la Merkel era preoccupata di apparire troppo filo-socialista. Per ora, però, bisogna attendere il risultato del referendum irlandese.

Vedremo se questa volta la fortissima crisi economica in cui versa il Paese e la paura di rimanere da soli convincerà i cittadini di questo piccolo Stato a credere nell'Europa o se a prevalere sarà ancora una volta quell’ostilità storica che aveva determinato la sconfitta del fronte del «sì» soltanto un anno fa.

Commenti