Venezia«La ripresa piena non si avrà prima del 2014, il che non significa che abbiamo tempo di rilassarci. Abbiamo voglia di lottare e di creare». Così parlò Rosario Messina, numero uno di Federlegno, alla platea dei suoi associati, riuniti a Venezia per lassemblea generale 2010. E il presidente incassa i primi consensi da Marco Fortis (Fondazione Edison), Maurizio Lupi (vice presidente della Camera) e Massimo Ponzellini (presidente di Bpm). «In questi 12 mesi - aggiunge Messina - e soprattutto negli ultimi 30 giorni, tutto è cambiato. È come se fosse scoppiata la terza guerra mondiale delleconomia e della finanza. Unatomica che ha cancellato tutto. Questultimo mese ha cambiato il mondo. Sono emersi i problemi reali di tutti i Paesi». Unanalisi spietata quella del presidente, drammaticamente vera. Poi snocciola i dati 2009 del settore: fatturato in calo del 18% a 32,4 miliardi di euro mentre le esportazioni lasciano per strada il 21,9%. Dati non belli: «Un anno difficile - aggiunge - ma il sistema deve ripartire. Saremo pronti a cogliere ogni soffio di vento». Inevitabile un affettuoso pensiero per «chi produce allestero una camicia a 12 euro e la rivende in Italia a 150...».
Lazione di governo. «Inevitabile. Bene la proposta del ministro Tremonti sulla riforma dellarticolo 41 della Costituzione per liberare le imprese dal cappio della burocrazia. Ci vogliono meno tasse. Soprattutto, tasse per tutti». È intollerabile, invece, «che piccole minoranze della maggioranza blocchino i tagli agli sprechi e mettano il veto sulla chiusura delle Province
».
E parla fuori dai denti anche Massimo Ponzellini, numero uno della Banca popolare di Milano: «Non chiamiamola crisi, ma guerra, una congiura contro lEuropa e lItalia da parte dei Paesi emergenti, Cina su tutti, complici le grandi istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale. Queste istituzioni sono il vero fuoco amico. Mi spiego, raccolgono quattrini e li danno in prestito ai Paesi emergenti senza regole. Smettiamola di firmare accordi internazionali e diamo le munizioni, cioè i soldi, alle nostre imprese. Difendiamoci. Le truppe le abbiamo, cioè le imprese. Però le truppe hanno bisogno di logistica e quella la deve fare il Paese. Le banche danno le munizioni a chi sa sparare meglio. Poi cè laddestramento delle truppe che spetta al quartier generale. Non sempre allaltezza».
E Marco Fortis ammonisce: «I Paesi emergenti sono indubbiamente unopportunità, ma i conti non tornano. Per il nostro export la Cina vale la metà della Svizzera. LEuropa e lItalia non devono immolarsi sulla Grande Muraglia».
Ce nè anche per lEuropa, infatti, e per la sua super burocrazia.
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