da Milano
Si definisce «l'unico politico italiano che ha perso e se n'è andato», a differenza dei Fassino o dei Rutelli che nel 2001 hanno perso contro Berlusconi e «sono ancora lì». Ivan Scalfarotto, per due mesi sulla scena politica al tempo delle primarie, dopo la sconfitta del 15 ottobre scorso, giusto un anno fa, è tornato a vivere fuori dall'Italia. Lasciata la politica ora sta in Russia e lavora a Mosca come direttore del personale in un istituto finanziario.
Il bilancio che traccia, a un anno da quella consultazione popolare, non è esattamente lusinghiero. L'Italia (il «paese dei perpetui») e la politica italiana «non sono ancora pronte» per volti nuovi. «Breznev o Andropov - osserva citando esempi di casa sua - avevano l'età di Prodi e ci sembravano dei dinosauri... Ma dovrà pure venir fuori un Gorbaciov!». In ogni caso, in un anno, per Scalfarotto ben poco è cambiato e, anzi, «dispiace che delle primarie ci si sia dimenticati».
«Lo si è visto sia nel dibattito di Orvieto - sottolinea dimostrando di dare ancora un'occhiata agli affari italiani - che nella selezione della classe politica fatta alle elezioni con liste blindate dai partiti». Insomma, al momento, nessuno spiraglio di cambiamento.
Con il Partito Democratico potrebbe forse esserci una svolta, ma «a patto che non sia la sommatoria delle segreterie di due partiti».
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