BengasiIl capo del Consiglio nazionale provvisorio libico ha lanciato un ultimatum al rais Moammar Gheddafi. «Se lascia subito, entro 72 ore, e interrompe i bombardamenti, noi come libici faremo un passo indietro e non cercheremo di processarlo», ha detto ieri Mustafa Abdel Jalil, ex ministro della Giustizia passato dalla parte della rivoluzione nei primi giorni delle manifestazioni. Nelle ore precedenti, la stampa internazionale aveva parlato dellesistenza di negoziati sotterranei tra Tripoli e i ribelli. Lunedì, Jadallah Azous al Talhi, un ex primo ministro, è comparso alla televisione di Stato per chiedere il dialogo nazionale. E ieri, nella città di Baida, Ahmed Jibril, consigliere politico di Mustafa Abdel Jalil, ha rivelato al Giornale che una seconda trattativa sarebbe in corso in queste ore: il colonnello Gheddafi sarebbe pronto a lasciare in cambio di immunità e della garanzia che i suoi conti personali non siano congelati. «Lopposizione può accettare la prima condizione, non la seconda», ha spiegato Jibril. Poche ore dopo, però, in unaula del tribunale di Bengasi, il portavoce del Consiglio nazionale, Abdelhafiz Ghoka, ha spiegato in una conferenza stampa che non cè alcun contatto tra Tripoli e Bengasi e che i ribelli continuano a chiedere una sola cosa: la partenza di Gheddafi e la fine del suo regime. Lavvocato Ghoka, diventato la faccia dellopposizione nellEst, ha confermato la presenza di un inviato del ministero degli Esteri italiano a Bengasi. «Ha parlato con i membri del Consiglio nazionale, e siamo tutti molto soddisfatti del risultato», ha spiegato al Giornale Eman Bougaighis, portavoce dellopposizione.
Bengasi diventa con il passare delle ore il nuovo cuore politico e diplomatico dellEst della Libia che cerca di parlare con il resto del mondo. È con la benedizione di Bengasi che Mahmoud Jibril, nominato pochi giorni fa dal Consiglio nazionale libico come rappresentante per gli Affari esteri, è ora in viaggio per le capitali internazionali: ieri dalla sede dellEuroparlamento a Strasburgo ha chiesto laiuto dellEuropa e il riconoscimento ufficiale delle nuove istituzioni della rivoluzione.
Sul fronte Ovest lavanzata militare dei ribelli si è fermata nella città petrolifera di Ras Lanuf, che ieri è stata bombardata almeno cinque volte dagli aerei governativi, così come è stata attaccata Al Zawiyah. I combattimenti tra forze pro-regime e uomini armati dellEst vanno avanti ed è difficile capire quante sono finora le vittime degli scontri. I membri dellopposizione chiedono da giorni una no-fly zone che fermi i raid aerei delle forze del colonnello. Francia e Gran Bretagna stanno lavorando a una bozza di risoluzione, da presentare al Consiglio di sicurezza. Il ministro degli Esteri francese Alain Juppé è particolarmente attivo in queste ore nel contattare cancellerie e governi. Il Quai dOrsay ha parlato con diverse capitali, compresa Pechino, che nelle ultime ore, a sorpresa, ha fatto capire di non escludere il suo appoggio allinstaurazione di una no fly zone sulla Libia. Il ministro francese avrebbe ottenuto anche il sostegno della Lega araba, che si riunirà sabato. I ministri degli Esteri europei, invece, si incontreranno per discutere della crisi libica domani. Juppé ha insistito sulla necessità di agire sotto legida delle Nazioni unite e non dellAlleanza atlantica: «Ci vuole un mandato dellOnu», ha detto. Intanto il Consiglio atlantico del Nord, composto dai 28 ambasciatori dei Paesi membri della Nato, ha dato il via libera per incrementare il grado di sorveglianza sulla Libia, con sorvoli di aerei radar 24 ore su 24.
Un intervento militare internazionale in Libia resta al centro delle discussioni della comunità internazionale, che da giorni cerca un piano per mettere fine alla crisi. Il presidente Obama ha parlato ieri «di una gamma di opzioni, incluse quelle di natura militare». La questione libica, però, divide la politica americana.
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