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Ultimo appello per l'Italia del rugby: e davanti c'è Williams, scheggia imprendibile

Domani a Roma contro il Galles per gli azzurri un match cruciale: se perdiamo anche questa volta è catastrofe (e per il coach Nick Mallet sono guai seri)

Ogni rugbista ha due patrie: il paese dove è nato, e la Nuova Zelanda. Perchè l'arcipelago degli antipodi è la nazione simbolo della Pallaovale, la Palestina di questa religione. Così è inevitabile che la tragedia che ha colpito Christchurch, nell'isola meridionale del paese dei kiwi, investita da un terremoto senza precedenti, sia stata vissuta con particolare impressione da tutto il movimento rugbistico. Ed è per questo che domani pomeriggio, a Roma, l'apertura delle ostilità tra Italia e Galles sarà preceduta da un minuto di silenzio in memoria delle vittime del sisma. Ottima idea. Anche se, ad essere pignoli, qualche pensiero anche alle vittime dei massacri di Gheddafi si poteva dedicarlo: anche se in Libia non si gioca a rugby.
Ciò premesso, il clima della vigilia tra gli azzurri è vicino a quello dell'ultima spiaggia. A pesare non è solo la classifica di questo Sei Nazioni 2011, con l'Italia malinconicamente ferma a zero punti. É soprattutto il modo in cui è arrivata l'ultima sconfitta, la partita senza storia di Londra contro l'Inghilterra: un match nel quale, come un cronista ha descritto con spietata efficacia, la difesa azzurra si apriva davanti ai giocatori bianchi come le acque del Mar Rosso davanti a Mosè.
É stato come ritornare indietro di vent'anni, a prima dell'epoca mitica di Georges Coste, il francese che portò gli azzurri a sedere al tavolo dei grandi della pallaovale. Tanti soldi spesi e tante convocazioni straniere non hanno fatto altro che riportarci indietro. E così, finalmente, i vertici federali si interrogano. Anche se - mal che vada - a pagare sarà l'allenatore Nick Mallet, e non i dirigenti che lo hanno voluto sulla panchina e appoggiato le sue scelte, comprese le più surreali.
Nello spogliatoio azzurro, fortunatamente, a reggere le fila della speranza c'è un gruppo di giocatori che non ha perso l'orgoglio di vestire la maglia azzurra. Dice Sergio Parisse: «Vogliamo reagire alla sconfitta di Londra, ci ha fatto male e vogliamo riscattarci. Dobbiamo tenere duro mentalmente, essere più precisi dal punto di vista tecnico, non ripetere gli errori in rimessa laterale di due settimane fa: abbiamo lavorato tanto questo aspetto, dobbiamo avere più palloni anche perché dare palla al Galles vuol dire mettere i loro trequarti, che sono molto forti palla in mano, di crearci difficoltà». Eh sì, perché davanti alle nostre ali ci sarà, nella leggendaria maglia rossa, Shane Williams: leggenda del rugby gallese, e dimostrazione vivente di come un fisico da superuomini non sia requisito indispensabile per diventare dei campioni di rugby. Williasm è alto 1,70 secondo gli annuari (e c'è chi dice che si è anche attribuito qualche centimentro in più) ma è una scheggia imprendibile. Vederlo giocare è un piacere per gli occhi.

Ma se non si daranno una svegliata dai sonni di Twickenham, domani per gli azzurri rischia di essere soprattutto un incubo.

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