Negli ospedali italiani, si continua a soffrire, quasi fosse un obolo da pagare per guarire. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità il 90% del dolore può essere controllato nei pazienti ricoverati negli ospedali. Da anni il problema è all'attenzione dei grandi organismi internazionali che si occupano di sanità ed hanno promosso numerose campagne internazionali, tra cui una all'insegna di «Verso ospedali senza dolore», per una cultura più attenta alla sofferenza. L'Italia nel passato ha avviato una sperimentazione in 20 ospedali. Si stima che il dolore possa essere oggi controllato efficacemente nel 90 per cento dei casi. La medicina ha sviluppato la capacità di tenere sotto controllo il dolore nel 95% dei casi. Tutti i pazienti possono ricevere trattamenti efficaci dalle strategie terapeutiche di cui disponiamo: interventi invasivi e non invasivi, neurochirurgici e psicologici, una vasta gamma di farmaci. Il mondo medico tende però a respingere come un insulto l'affermazione che il dolore dei pazienti sia trascurato. Di altra opinione sono molti pazienti: lamentano che i propri dolori, grandi e piccoli, non siano presi in seria considerazione. É importante cercare indicatori oggettivi. Da tempo si è affermato il criterio proposto dall'Oms: per valutare l'efficacia dei programmi di controllo del dolore acuto - in particolare quello da cancro - si deve considerare come indice il consumo annuale di analgesici oppioidi. Rispetto a questo dato, l'Italia occupa uno degli ultimi posti in Europa. Nonostante nove ricoverati su dieci accusino qualche forma di dolore e quasi la metà lo avverte «al limite della sopportabilità», meno di un terzo dei paziente riceve cure contro il dolore. Non solo: l'80 per cento delle persone che rivelavano dolore intenso e il 60 per cento di quelli che segnalano un dolore moderato, non ricevono alcun trattamento efficace per tali sintomi.
Le cause di dolore sono: interventi chirurgici (23,8%), traumi (6,9%), procedure diagnostiche (6,7%), cancro (5,0%), ma nella maggioranza dei casi la causa è andata persa (32,6%) . Ora un nuovo progetto: Ambulatory Pain Open Door (Apod) è stato lanciato dall'azienda ospedaliera universitaria di Parma che, nello spirito della legge 38, intende sviluppare una rete di cure palliative e terapia del dolore, e garantire la continuità assistenziale e terapeutica nel campo delle cure antalgiche. Il progetto Apod mette in contatto diretto i medici di medicina generale con gli specialisti del dolore: per favorire un dialogo più serrato fra la medicina territoriale e la specialistica, e per aiutare i medici di famiglia a identificare più rapidamente il tipo di dolore avvertito dai pazienti. L'effettiva sviluppo delle Reti, passa anche dall'instaurazione di un rapporto interpersonale, diretto, fra medici che operano negli stessi distretti territoriali. In tal modo i medici sul territorio sapranno anche dove e a chi indirizzare i casi più complessi.
Parma, Firenze, Roma, Milano, Castelfranco Emilia, Modena, Verona, Vicenza, Napoli, Orvieto, Palermo, Torino, Cagliari, Cremona, Bari e Genova, attraverso ospedali universitari, centri d'eccellenza e Asl sono attivi nel progetto Apod, che si svilupperà in 3 fasi: un primo passo teorico, nel quale i centri specialistici apriranno le porte ai medici di famiglia, per una sessione di formazione nella quale sarà illustrato il progetto.
Nella seconda fase il terapista del dolore affiancherà il medico di medicina generale nella visita ai pazienti. Si termina con la fase applicativa e l'adozione in ambulatorio, nell'arco di 30 giorni, gli strumenti terapeutici appresi, condividendo con lo specialista i dati sulla terapia consigliata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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