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Un'esistenza vissuta a tutta satira e tappezzata da 15mila vignette

Nella quotidianità era riservato ma poi diventava l'inarrestabile "Isterix"

Un'esistenza vissuta a tutta satira e tappezzata da 15mila vignette
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A Milano, in via Spallanzani, un eremo silenzioso tra il bla bla pacchiano di corso Buenos Aires, c'è casa Forattini: per raggiungerla bisogna attraversare un elegante portone in noce, che appare - forse in onore di Giorgio - una grande vignetta coi bordi di legno. Poi la scaletta che porta in un appartamento elegante, ma non sfarzoso, dove i coniugi Forattini hanno vissuto per oltre 40 anni con lo stesso amore del loro primo incontro. Da oggi la moglie di Giorgio, la signora Ilaria Cerrina Feroni, è rimasta sola. Ma a rimanere soli siamo rimasti tutti noi. Giorgio se n'è andato, a 94 anni, a disegnare vignette nel paradiso della satira dove - c'è da giurarci - non farà sconti neppure al Padreterno (quello vero, non Eugenio Scalfari) e a Belzebù (quello vero, no Andreotti), così come non ne ha mai fatti a nessuno quand'era in vita.

In occasione di una delle sue ultime interviste, ad aprirci la porta di casa fu la moglie, donna affascinante di nobile casato fiorentino. Lei, sorridendo, prese la rosa che le avevamo portato adagiandola in un vaso rosso. Poi ci condusse in cucina, dove Giorgio stava facendo colazione: indossava un maglione colorato e un pantalone bianco, elegantissimo pur in ambito "domestico". Poi ci sedemmo in salotto: Giorgio e Ilaria sul divano, io sulla poltrona. "Signor Forattini, le porgo i saluti del Giornale...", esordii ossequioso; lui sorrise e guardò la moglie, che da quel momento rispose per lui. I ricordi di Giorgio erano avvolti dalla nebbia dell'età, e nel corso dell'intervista la frase di Ilaria che più mi colpì fu: "Che peccato, da tempo non prende più la matita in mano...". Un po' come se Maradona avesse smesso, o dimenticato, di palleggiare. E Giorgio, con la satira, aveva "palleggiato" per una vita intera, chiudendo la carriera sul campo, proprio qui al Giornale, impreziosendolo con battute che valevano più di tanti tromboneschi editoriali. Un'esistenza intinta nell'inchiostro e tappezzata di oltre 15mila vignette, riversata in decine di libri: gli stessi che ancora si vendono nel chiosco-libreria a pochi metri da via Spallanzani, all'angolo di Porta Venezia.

"Nessuno come Giorgio ha saputo raccontare, al meglio, il peggio del nostro Paese e della sua classe politica, lasciandoli in mutande col semplice graffio di un lapis", ci raccontò Ilaria, memoria storica delle imprese (tante e avventurose) di Giorgio: "Ha diretto giornali-cult come Satyricon e Il Male dando a questo mestiere dignità e prestigio, sebbene sia difficile riconoscerglielo, perché lui è un personaggio scomodo, rimasto sempre se stesso". È la signora Forattini a offrirci il privilegio di sfogliare con lei il suo "diario segreto". Frasi dedicate al marito quand'era all'apice della popolarità, e poi chiuse con il lucchetto dei sentimenti: "Ho vissuto accanto a un giornalista scomodo, molto scomodo. Purtroppo non è vero che in un Paese libero come il nostro non si corrono dei rischi a dire la verità. Giorgio l'ha sempre detta, spesso precedendo i fatti, ma questo non gli ha reso la vita facile. In più ha anche avuto successo, imperdonabile in un Paese come il nostro". Non facile vivere accanto a un uomo come lui: "Nei tempi del super impegno professionale, lo chiamavo Isterix per come era sempre agitato, irascibile, pur rimanendo sempre dolce". Dagli inizi a Paese Sera all'apoteosi di Repubblica. "Repubblica è stata la creatura perfetta frutto di un sodalizio tra due talenti: quello di Scalfari e quello di Forattini". Due icone del giornalismo. "Tra loro epici scontri. Che esplodevano però su un fondo comune di stima e affetto reciproci". Ma le frecciatine erano all'ordine del giorno. Come quella volta che, all'indomani dell'attentato terroristico contro Montanelli, Forattini fece una vignetta con il direttore Scalfari, che invidioso dell'eco mediatica ottenuta da Indro, si sparava ad un piede: "Ma perfino in quell'occasione nessuna censura. La vignetta andò regolarmente in pagina".

Poi la corte spietata dell'Avvocato Agnelli e il passaggio alla Stampa per un miliardo di lire: "Cifra folle per quei tempi. Ma Gianni considerava Giorgio un talento assoluto. E il talento si paga". Ma uscire dall'orbita progressista-radical chic di Repubblica per passare al "giornale dei padroni" scatenò le maldicenze dei compagni: "Sì, gli dettero del traditore, del venduto, dell'esoso.

Perfino l'acquisto di una casa a Parigi divenne motivo di critiche assurde". Ma perché "traditore"? "Il popolo di Repubblica si era convinto che Forattini fosse un comunista o qualcosa di simile. La verità è che invece lui è sempre stato un liberale. E questo dava fastidio a tanti".

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