Unicredit, Banca Unica da gennaio L’addio a Generali slitta di 6 mesi

DIPLOMAZIE Profumo prende tempo fino alla prossima estate prima di lasciare Trieste

Unicredit, Banca Unica da gennaio L’addio a Generali slitta di 6 mesi

Unicredit strappa all’Antitrust altri sei mesi di tempo per uscire dalle Generali. La proroga - il termine è slittato a fine giugno 2010 - è stata annunciata ieri dallo stesso amministratore delegato Alessandro Profumo all’assemblea dei soci che ha approvato il previsto aumento di capitale da quattro miliardi. Malgrado le proteste di alcuni piccoli azionisti, il presidente Dieter Rampl ha sottolineato di ritenere «essenziale un più forte livello di capitalizzazione per tutelare la banca da un possibile ritorno di turbolenze finanziarie e per essere preparati a possibili cambiamenti sul piano regolamentare». La ricapitalizzazione, ha precisato Profumo, scatterà a gennaio e si concluderà a febbraio, riportando in sicurezza la solidità patrimoniale del gruppo: il Core Tier 1 salirà dal 7,55% all’8,39% e il Tier 1 dall’8,39% al 9,24%, sopra i concorrenti europei. Unicredit potrà così sfruttare al meglio la ripresa e le connesse «importanti opportunità di crescita organica».
La misura, che vuole anticipare la revisione delle regole di Basilea II, sarà seguita a marzo dall’ok definitivo del cda al progetto «Banca unica» e al bilancio, in cui, a fine settembre, i titoli «riclassificati» (in gergo «tossici») nelle casse del gruppo ammontano a 22,4 miliardi, di cui 7,9 miliardi sono prodotti strutturati. Banca Unica partirà comunque con effetto retroattivo al primo gennaio. Per quanto attiene invece ai rapporti con Generali, Unicredit potrà aspettare a vendere il proprio 3,24% fino alla prossima estate. La speranza è attutire l’impatto della recessione sul valore della partecipazione «ereditata» due anni fa con l’acquisizione di Capitalia: circa 920 milioni ai prezzi di ieri in Piazza Affari, dove il Leone passava di mano a 18,2 euro contro gli oltre 33 euro toccati nel 2007.
L’apertura dell’Antitrust non è quindi molto diversa nello spirito a quella concessa al Credit Agricole per il contestato addio a Intesa Sanpaolo. Già nel documento depositato all’Authority da Piazza Cordusio ci sarebbe tuttavia qualche indizio sulle possibili via d’uscita: dalla semplice cessione all’eventualità di agganciare la quota a uno strumento convertibile. In ogni caso Profumo mantenerrà «congelati» i diritti di voto, escludendosi dai giochi per la nomina del prossimo cda. Ma nello stesso tempo Profumo evita così di «passare» quota e voti pesanti a chicchessia, lasciando la partita in mano a Mediobanca e agli altri attuali soci.

L’assemblea è stata poi l’occasione per Profumo per tornare sul nodo della causa Federconsorzi: il banchiere ha sostenuto che «il petitum» (la richiesta di danni) «è di soli 78 milioni», anche se secondo altre interpretazioni il rischio potenziale della battaglia legale resterebbe 2,2 miliardi. Smentite le voci sui nuovi esuberi ma clima caldo a Parigi dove ieri sera i sindacati hanno organizzato una manifestazione contro la chiusura delle 3 filiali francesi.

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