Milano - Tra poco più di quattro mesi l’Italia potrà contare sulla seconda banca più grande d’Europa e la sesta al mondo. A costruirla sarà Unicredit che ieri ha deciso di «inglobare» Capitalia in un nuovo supergruppo (99 miliardi il valore di Borsa) capace di aumentare i propri utili per azione del 17% annuo nel 2007-2009 (contro il 14% di stima pre-fusione e l’11% dei principali concorrenti) e di premiare i soci con dividendi in «progressiva crescita».
Le linee strategiche sono contenute in un comunicato congiunto diffuso dalle due spose al termine dei rispettivi consigli di amministrazione. Nella sede di Capitalia è andato in scena anche il patto di sindacato che ha approvato all’unanimità il passo strategico dell’istituto e che ha poi visto consumarsi il previsto addio dell’ad Matteo Arpe, dimissionario dal 31 maggio.
Consenso pieno anche nel cda di Unicredit dopo cinque ore di confronto nelle quali Alessandro Profumo, numero uno in pectore del nuovo gruppo, ha accompagnato i consiglieri tra le circa 25 slide dell’accordo. Al termine, prima di volare a Roma per affrontare la conferenza stampa insieme con il presidente di Capitalia Cesare Geronzi, c’è stato anche il tempo per un brindisi con il centinaio di dipendenti chiamati allo «straordinario» domenicale. Il board in Piazza Cordusio potrebbe aver rappresentato l’occasione per un chiarimento sul dossier Société Générale ma, constatato che Parigi sarebbe risultata «dominante», anche le grandi fondazioni azioniste sembrano aver rimesso nel cassetto questa carta. Quanto invece a Capitalia, tutto sarà pronto entro l’inizio dell’ultimo trimestre di quest’anno, dopo il necessario passaggio davanti alle assemblee dei soci attese tra fine luglio e inizio agosto. L’accordo, tecnicamente una fusione per incorporazione, prevede che la banca milanese assorba quella romana, secondo il concambio di 1,12 azioni contro uno. L’incastro riconosce a Capitalia una valorizzazione implicita di 8,4 euro rispetto alle quotazioni di venerdì in Piazza Affari di 7,9. Per completare l’operazione Unicredit varerà un aumento di capitale (2,94 miliardi le nuove azioni emesse) mentre ai soci di Capitalia sarà concesso il diritto di recesso. Entro l’anno sarà ridimensionata poco sopra al 9% anche la presa su Mediobanca (al 19% oggi) del nuovo gruppo, ricollocando il pacchetto eccedente nell’ambito del patto di sindacato di Piazzetta Cuccia «anche in favore di nuovi investitori».
Ancora più radicale la strada tracciata rispetto a Generali: Unicredit, che aveva vincolato la propria quota a un prestito convertibile, rinuncerà al Leone il prossimo anno mentre Capitalia completerà l’uscirà già «entro questo mese», ha detto Geronzi. Il banchiere siederà nel nuovo gruppo nella veste di vicepresidente mantenendo la regia sulle partecipazioni ma nel caso di un impegno al vertice di Mediobanca passerebbe l’incarico a Berardino Libonati.
A risaltare è in ogni caso la forza industriale del nuovo Unicredit che sposterà la propria sede legale da Genova a Roma mantenendo a Milano il quartier generale operativo. Saranno infatti oltre 5mila gli sportelli in Italia, che salgono a 9mila considerando le ramificazioni in Germania, Austria ed Est Europa per un totale di 170mila dipendenti (115mila nella Penisola). Per arrivare all’impianto del nuovo gruppo, la gran parte delle attività romane sarà assorbita dalle attuali divisioni di Unicredit lasciando però spazio rispettivamente nel centro e nel sud Italia ai marchi Banca di Roma e Banco di Sicilia. Gli oneri dell’operazione ammontano invece a 1,1 miliardi a fronte di 1,2 miliardi di sinergie lorde (800 miliardi le nette), di cui il 68% legate a risparmi di costi e il 32% dall’incremento dei ricavi.
Quanto agli
equilibri di potere il consiglio di Unicredit farà posto a quattro uomini di Capitalia: oltre a Geronzi, Salvatore Ligresti per FonSai, Donato Fontanesi per la Fondazione Manodori e Salvatore Mancuso per la Regione Sicilia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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