A un anno di distanza dal piano di emergenza da 6,6 miliardi di euro, Unicredit prova a far inghiottire unaltra «pillola» da 4 miliardi ai grandi soci. Lobiettivo è ancora rafforzare la solidità patrimoniale dellistituto italiano che più ha puntato sullespansione internazionale. Il piano originario di Unicredit prevedeva il ricorso ai Tremonti-Bond ma ieri lamministratore delegato Alessandro Profumo ha illustrato al comitato permamente strategico le alternative percorribili: sostanzialmente un maxi-aumento di capitale (si parla di 4 miliardi), lemissione di obbligazioni cosiddette «ibride» (su cui cè un vantaggio fiscale) o un mix di questi strumenti oltre ai T-Bond e a qualche cessione. «Si sta discutendo», si è limitato a dire ieri il presidente Dieter Rampl ma la reazione di Piazza Affari è stata brusca: Unicredit ha ceduto il 3,53% a 2,46 euro tra scambi intensi dopo il -2,5% subito lunedì. È la spia che per molte sale operative, Piazza Cordusio è ormai incamminata sulla strada dellaumento di capitale o perlomeno di un cocktail che chiederà ai soci di mettere mano al portafoglio. A partire dalle grandi fondazioni azioniste, le stesse, con leccezione dello strappo di Verona, che nellottobre 2008 avevano puntellato il patrimonio della banca con il piano «cashes» da tre miliardi approntato con la benedizione di Mediobanca; allepoca il titolo passava di mano a prezzi non così distanti dagli attuali. Malgrado la situazione di Unicredit sia molto diversa da quella dellautunno della crisi e i conti siano in ripresa, alcuni Enti mantengono un atteggiamento freddo davanti alla prospettiva di una ricapitalizzazione: secondo indiscrezioni Profumo avrebbe già «sondato» alcune banche internazionali per capire lo spazio di manovra e un ruolo lo potrebbe avere la stessa Piazzetta Cuccia.
Il comitato strategico, che ha funzioni consultive e propositive, si sarebbe comunque svolto in un clima «pacato e collaborativo»: alla riunione a dieci, prolungatasi due ore, erano presenti oltre al top management dellistituto sia i rappresentanti di CariVerona, CariTorino e CariMonte sia quelli degli azionisti libici.
La decisione definitiva sarà sul tavolo del consiglio di amministrazione del 29 settembre, quando gli Enti dovranno sciogliere la riserva, soppesando vantaggi e svantaggi delle possibilità allo studio. Compreso il fatto che il ricorso ai Tremonti-bond finirebbe con limpattare sulle possibilità che ha Unicredit di tornare a distribuire il dividendo in contanti. La cedola è da sempre una delle maggiori preoccupazioni delle Fondazioni, chiamate a trasferire sul territorio il «frutto» dei propri investimenti. Le Fondazioni devono però anche tenere presente che, malgrado i ripetuti inviti del Tesoro a diversificare, hanno già legato a Unicredit gran parte delle risorse.
Lobiettivo strategico di Profumo appare comunque chiaro: rafforzare il capitale di Unicredit, bruciando sul tempo i principali concorrenti nella corsa ad alzare verso l8% lasta del Core Tier 1 (il parametro che misura il «peso» del rischio sul capitale) fermo al 6,85% a giugno. La misura, in linea con le nuove regole in discussione a livello internazionale, rappresenta anche un «materasso» per attutire gli effetti che la crisi continuerà ad avere sulleconomia reale e quindi sui conti delle imprese clienti.
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