Politica

Unione divisa, il Tir di Prodi sbanda in piazza

Il leader del Prc: non faccio polemiche ma bisognava coinvolgere di più il Paese. Villetti (Sdi): non aspettiamo un milione di persone...

Roberto Scafuri

da Roma

La situazione è fluida, guai a farsi incatenare. Si rischia l’annegamento. Forte di questa logica, Romano Prodi prosegue come il Tir sulla sua strada. Anche le sbavature sull’annuncio di una «grande manifestazione» contro legge elettorale e Finanziaria «infami» - così l’ha definita Prodi - finiscono nello stesso calderone. A chi teme «brutte figure», a chi lamenta «scarsa cultura di movimento», a chi paventa tanto chiasso «magari per un comizio in un cinema cittadino», il Professore replica riconfermando che la manifestazione si farà, domenica mattina e non sabato pomeriggio, in piazza del Popolo a Roma. «Piazza del Popolo è più che sufficiente - approva il morigerato socialista Roberto Villetti -. Mica dovevamo portare in piazza un milione di persone...».
Centomila in piazza del Popolo, se ci saranno, sembrano un po’ pochi per dare la «spallata» al governo. Bisognerà accontentarsi. Fausto Bertinotti dà il buon esempio: «Facciamo fuoco con la legna che abbiamo e speriamo che domenica mattina ci sia un grande fatto di massa con una partecipazione spontanea che superi i limiti di cultura di movimento dell’Unione». Lo spostamento determinato dallo sciopero dei giornalisti tv (ma non c’era nessuno che potesse avvisare Prodi prima della gaffe?) non è andato giù a un uomo di lotta come Bertinotti. «Non c’è bisogno che lo dica io, chiunque abbia un po’ di conoscenza dell’andamento delle manifestazioni lo sa: si organizzano il sabato pomeriggio perché così da tutt’Italia si può arrivare e ripartire... Lo sciopero delle tv mi sembra un argomento minore, le tv potrebbero essere investite ugualmente. Non faccio polemiche, però ci voleva un elemento di coinvolgimento del Paese...».
Insomma, unionisti di tutt’Italia disorganizzatevi! Anche la dalemiana «Velina rossa», al secolo Pasqualino Laurito, tira le orecchie al Professore. «Non a caso tutte le manifestazioni popolari a livello nazionale si sono sempre tenute di sabato se per davvero si vuole un alto livello di partecipazione. Molti manifestanti potrebbero rinunciare per non perdere la giornata di lavoro lunedì». Scivoloni dettati dalla scarsa esperienza di lotta del Professore, si immagina. Se si volesse fare qualche sforzo immaginativo in più, si potrebbe però nutrire qualche dubbio sulla reale volontà prodiana di una manifestazione «grande» - i tre milioni di Cofferati a Circo Massimo per intenderci - tale da spaventare molti elettori moderati.
C’è chi sostiene, poi, che il proporzionale non venga visto così male dal Professore, la cui autostima in questo periodo pare sia ai massimi livelli. Se davvero cambiasse il sistema elettorale, con chi si candiderebbe?, gli chiedono. La parola d’ordine ripetuta ai quattro venti è «non fasciamoci la testa prima che qualcuno ce l’abbia rotta». Ieri il leader ha aggiunto che «si rifletterà il giorno dopo» l’eventuale varo della legge. Ragionare delle subordinate «indebolisce la nostra battaglia. L’andamento altalenante delle posizioni nella Cdl (ora si sfila Follini, ora Bossi) alimenta la speranza. Dulcis in fundo, come mai gli unici che parlano di resurrezione del Listone (il celeberrimo «Triciclo») sono i Ds? Il segretario Fassino sabato ci ha riprovato a un convegno dei liberal ds («Dobbiamo rilanciare il progetto riformista, a uno scardinamento del sistema elettorale dobbiamo rispondere con una proposta coesiva e unificante») senza trovare la sponda di Rutelli. E Violante liquida l’idea di un partito di Prodi come «fantasie». I socialisti si sono imbarcati in un’unione di fatto con i radicali e negano nuove inversioni a «U». Facile prevedere, allora, a chi tocchi candidare Prodi. Tra i rami della Quercia circola il fosco scenario. «Delle due, l’una: o gli consentiamo di fare la lista Prodi, che si prenderà pure parte della nomenklatura della Margherita, ma il grosso dei voti lo troverà nel nostro elettorato. Oppure, lo candidiamo noi, ritrovandocelo come capo. D’altronde chi è stata la vedette del nostro congresso e persino della nostra Festa dell’Unità?». Già, chi, se non l’immarcescibile Romano.

L’unico politico che, sedutosi sulla Quercia, rischia di farla stramazzare.

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